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principali normative

INDICE GENERALE NORMATIVE  ( scorrere la pagina fino a trovare la legge desiderata)  
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Convenzione ONU diritti disabili       1
Legge 104 / 92                                 2
Legge 68/99 avviamento a lavoro      3
Legge 8/11/2000 piani di zona           4
Legge 266 quadro volontariato          5 


1 ( uno)
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle  persone con disabilità
 Convenzione delle Nazioni Unite
sui diritti delle persone con disabilità


Preambolo

Gli Stati Parti alla presente Convenzione,

(a) Richiamando i principi proclamati nello Statuto delle Nazioni Unite che riconoscono la dignità ed il valore connaturati a tutti i membri della famiglia umana ed i diritti uguali e inalienabili come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo,
(b) Riconoscendo che le Nazioni Unite, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nei Patti internazionali sui diritti umani, hanno proclamato e convenuto che ciascun individuo è titolare di tutti i diritti e delle libertà ivi indicate, senza alcuna distinzione,
(c) Riaffermando l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza e interrelazione di tutti i diritti umani e libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno godimento da parte delle persone con disabilità senza discriminazioni,
(d) Richiamando il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie,
(e) Riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri,
(f) Riconoscendo l’importanza dei principi e delle linee guida contenute nel Programma mondiale di azione riguardante le persone con disabilità e nelle Regole standard sulle pari opportunità delle persone con disabilità e la loro influenza sulla promozione, formulazione e valutazione delle politiche, dei piani, dei programmi e delle azioni a livello nazionale, regionale ed internazionale al fine di perseguire pari opportunità per le persone con disabilità,
(g) Sottolineando l’importanza di integrare i temi della disabilità nelle pertinenti strategie relative allo sviluppo sostenibile,
(h) Riconoscendo altresì che la discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità e del valore connaturati alla persona umana,
(i) Riconoscendo inoltre la diversità delle persone con disabilità,
(j) Riconoscendo la necessità di promuovere e proteggere i diritti umani di tutte le persone con disabilità, incluse quelle che richiedono un maggiore sostegno,
(k) Preoccupati per il fatto che, nonostante questi vari strumenti ed impegni, le persone con disabilità continuano a incontrare ostacoli nella loro partecipazione alla società come membri eguali della stessa, e ad essere oggetto di violazioni dei loro diritti umani in ogni parte del mondo,
(l) Riconoscendo l’importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità in ogni paese, in particolare nei paesi in via di sviluppo,
(m) Riconoscendo gli utili contributi, esistenti e potenziali, delle persone con disabilità in favore del benessere generale e della diversità delle loro comunità, e che la promozione del pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali e della piena partecipazione nella società da parte delle persone con disabilità accrescerà il senso di appartenenza ed apporterà significativi progressi nello sviluppo umano, sociale ed economico della società e nello sradicamento della povertà,
(n) Riconoscendo l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte,
(o) Considerando che le persone con disabilità dovrebbero avere l’opportunità di essere coinvolte attivamente nei processi decisionali relativi alle politiche e ai programmi, inclusi quelli che li riguardano direttamente,
(p) Preoccupati delle difficili condizioni affrontate dalle persone con disabilità, che sono soggette a molteplici o più gravi forme di discriminazione sulla base della razza, colore della pelle, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale, etnica, indigena o sociale, patrimonio, nascita, età o altra condizione,
(q) Riconoscendo che le donne e le minori con disabilità corrono spesso maggiori rischi nell’ambiente domestico ed all’esterno, di violenze, lesioni e abusi, di abbandono o mancanza di cure, maltrattamento e sfruttamento,
(r) Riconoscendo che i minori con disabilità dovrebbero poter godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali su base di uguaglianza rispetto agli altri minori, e richiamando gli obblighi assunti a tal fine dagli Stati Parti alla Convenzione sui diritti del fanciullo,
(s) Sottolineando la necessità di incorporare la prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità,
(t) Riaffermando che la maggior parte delle persone con disabilità vive in condizioni di povertà, e riconoscendo a questo proposito la fondamentale necessità di affrontare l’impatto negativo della povertà sulle persone con disabilità,
(u) Consapevoli che le condizioni di pace e sicurezza basate sul pieno rispetto degli scopi e dei principi contenuti nello Statuto delle Nazioni Unite e che l’osservanza degli strumenti applicabili in materia di diritti umani sono indispensabili per la piena protezione delle persone con disabilità, in particolare durante i conflitti armati e le occupazioni straniere,
(v) Riconoscendo l’importanza dell’accessibilità alle strutture fisiche, sociali, economiche e culturali, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla comunicazione, per consentire alle persone con disabilità di godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali,
(w) Consapevoli che ogni individuo, in ragione dei propri obblighi nei confronti degli altri individui e della comunità di appartenenza, ha una responsabilità propria per la promozione e l’osservanza dei diritti riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dai Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali,
(x) Convinti che la famiglia sia il nucleo naturale e fondamentale della società e che abbia diritto alla protezione da parte della società e dello Stato, e che le persone con disabilità ed i membri delle loro famiglie debbano ricevere la protezione ed assistenza necessarie a permettere alle famiglie di contribuire al pieno ed uguale godimento dei diritti delle persone con disabilità,
(y) Convinti che una convenzione internazionale globale ed integrata per la promozione e la protezione dei diritti e della dignità delle persone con disabilità potrà contribuire in modo significativo a riequilibrare i profondi svantaggi sociali delle persone con disabilità e a promuovere la loro partecipazione nella sfera civile, politica, economica, sociale e culturale, con pari opportunità, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo,

Convengono quanto segue:

Articolo 1 - Scopo
1. Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.
2. Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.

Articolo 2 - Definizioni
Ai fini della presente Convenzione:
per “comunicazione” si intendono le lingue, la visualizzazione di testi, il Braille, la comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri, i supporti multimediali accessibili nonché i sistemi, gli strumenti ed i formati di comunicazione migliorativa ed alternativa scritta, sonora, semplificata, con ausilio di lettori umani, comprese le tecnologie dell’informazione e della comunicazione accessibili;
per “linguaggio” si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di espressione non verbale;
per “discriminazione fondata sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;
per “accomodamento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
per “progettazione universale” si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La “progettazione universale” non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari.

Articolo 3 - Principi generali
I principi della presente Convenzione sono:
(a) il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone;
(b) la non discriminazione;
(c) la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società;
(d) il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa;
(e) la parità di opportunità;
(f) l’accessibilità;
(g) la parità tra uomini e donne;
(h) il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità.

Articolo 4 - Obblighi generali
1. Gli Stati Parti si impegnano a garantire e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità. A tal fine, gli Stati Parti si impegnano:
(a) ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura adeguate ad attuare i diritti riconosciuti nella presente Convenzione;
(b) ad adottare tutte le misure, incluse quelle legislative, idonee a modificare o ad abrogare qualsiasi legge, regolamento, consuetudine e pratica vigente che costituisca una discriminazione nei confronti di persone con disabilità;
(c) a tener conto della protezione e della promozione dei diritti umani delle persone con disabilità in tutte le politiche e in tutti i programmi;
(d) ad astenersi dall’intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la presente Convenzione ed a garantire che le autorità pubbliche e le istituzioni agiscano in conformità con la presente Convenzione;
(e) ad adottare tutte le misure adeguate ad eliminare la discriminazione sulla base della disabilità da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa privata;
(f) ad intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo di beni, servizi, apparecchiature e attrezzature progettati universalmente, secondo la definizione di cui all’articolo 2 della presente Convenzione, che dovrebbero richiedere il minimo adattamento possibile ed il costo più contenuto possibile per venire incontro alle esigenze specifiche delle persone con disabilità, promuoverne la disponibilità ed uso, ed incoraggiare la progettazione universale nell’elaborazione di norme e linee guida;
(g) ad intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo, ed a promuovere la disponibilità e l’uso di nuove tecnologie, incluse tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ausilii alla mobilità, dispositivi e tecnologie di sostegno, adatti alle persone con disabilità, dando priorità alle tecnologie dai costi più accessibili;
(h) a fornire alle persone con disabilità informazioni accessibili in merito ad ausilii alla mobilità, dispositivi e tecnologie di sostegno, comprese le nuove tecnologie, così come altre forme di assistenza, servizi di supporto ed attrezzature;
(i) a promuovere la formazione di professionisti e di personale che lavora con persone con disabilità sui diritti riconosciuti nella presente Convenzione, così da fornire una migliore assistenza e migliori servizi garantiti da questi stessi diritti.
2. Con riferimento ai diritti economici, sociali e culturali, ogni Stato Parte si impegna a prendere misure, sino al massimo delle risorse di cui dispone e, ove necessario, nel quadro della cooperazione internazionale, al fine di conseguire progressivamente la piena realizzazione di tali diritti, senza pregiudizio per gli obblighi contenuti nella presente Convenzione che siano immediatamente applicabili in conformità al diritto internazionale.
3. Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative.
4. Nessuna disposizione della presente Convenzione può pregiudicare provvedimenti più favorevoli per la realizzazione dei diritti delle persone con disabilità, contenuti nella legislazione di uno Stato Parte o nella legislazione internazionale in vigore per quello Stato. Non sono ammesse restrizioni o deroghe ai diritti umani ed alle libertà fondamentali riconosciuti o esistenti in ogni Stato Parte alla presente Convenzione in virtù di leggi, convenzioni, regolamenti o consuetudini, con il pretesto che la presente Convenzione non riconosca tali diritti o libertà o che li riconosca in minor misura.
5. Le disposizioni della presente Convenzione si estendono a tutte le unità costitutive degli Stati federali senza limitazione ed eccezione alcuna.

Articolo 5 - Uguaglianza e non discriminazione
1. Gli Stati Parti riconoscono che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge ed hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguale beneficio dalla legge.
2. Gli Stati Parti devono vietare ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantire alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento.
3. Al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni, gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti accomodamenti ragionevoli.
4. Le misure specifiche che sono necessarie ad accelerare o conseguire de facto l’uguaglianza delle persone con disabilità non costituiscono una discriminazione ai sensi della presente Convenzione.

Articolo 6 - Donne con disabilità
1. Gli Stati Parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità.
2. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione.

Articolo 7 - Minori con disabilità
1. Gli Stati Parti adottano ogni misura necessaria a garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori.
2. In tutte le azioni concernenti i minori con disabilità, il superiore interesse del minore costituisce la considerazione preminente.
3. Gli Stati Parti garantiscono ai minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni su tutte le questioni che li riguardano e le loro opinioni sono debitamente prese in considerazione, tenendo conto della loro età e grado di maturità, assicurando che sia fornita adeguata assistenza in
relazione alla disabilità e all’età, allo scopo di realizzare tale diritto.

Articolo 8 - Accrescimento della consapevolezza
1. Gli Stati Parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed adeguate allo scopo di:
(a) sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità;
(b) combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in tutti gli ambiti;
(c) promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle persone con disabilità.
2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati Parti:
(a) avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del pubblico al fine di:
(i) favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con disabilità;
(ii) promuovere una percezione positiva ed una maggiore consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità;
(iii) promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;
(b) promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità;
(c) incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente Convenzione;
(d) promuovono programmi di formazione per accrescere la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle persone con disabilità.

Articolo 9 - Accessibilità
1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra l’altro, a:
(a) edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro;
(b) ai servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi informatici e quelli di emergenza.
2. Gli Stati Parti inoltre adottano misure adeguate per:
(a) sviluppare ed emanare norme nazionali minime e linee guida per l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico e verificarne l’applicazione;
(b) garantire che gli organismi privati, che forniscono strutture e servizi aperti o forniti al pubblico, tengano conto di tutti gli aspetti dell’accessibilità per le persone con disabilità;
(c) fornire una formazione relativa ai problemi di accesso con cui si confrontano le persone con disabilità a tutti gli interessati;
(d) dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnaletica in caratteri Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili;
(e) mettere a disposizione forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione, incluse guide, lettori e interpreti professionisti esperti nella lingua dei segni, allo scopo di agevolare l’accessibilità a edifici ed altre strutture aperte al pubblico;
(f) promuovere altre forme idonee di assistenza e di sostegno a persone con disabilità per garantire il loro accesso all’informazione;
(g) promuovere l’accesso delle persone con disabilità alle nuove tecnologie ed ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso internet;
(h) promuovere alle primissime fasi la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi di informazione e comunicazione, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano accessibili al minor costo.

Articolo 10 - Diritto alla vita
Gli Stati Parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri.

Articolo 11 - Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali.

Articolo 12 - Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
1. Gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica.
2. Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità godono della capacità giuridica su base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti della vita.
3. Gli Stati Parti adottano misure adeguate per consentire l’accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica.
4. Gli Stati Parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli interessi delle persone.
5. Sulla base di quanto disposto nel presente articolo, gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate ed efficaci per garantire l’uguale diritto delle persone con disabilità alla proprietà o ad ereditarla, al controllo dei propri affari finanziari e ad avere pari accesso a prestiti bancari, mutui e altre forme di credito finanziario, e assicurano che le persone con disabilità non vengano arbitrariamente private della loro proprietà.

Articolo 13 - Accesso alla giustizia
1. Gli Stati Parti garantiscono l’accesso effettivo alla giustizia per le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, anche attraverso la previsione di idonei accomodamenti procedurali e accomodamenti in funzione dell’età, allo scopo di facilitare la loro partecipazione effettiva, diretta e indiretta, anche in qualità di testimoni, in tutte le fasi del procedimento giudiziario, inclusa la fase investigativa e le altre fasi preliminari.
2. Allo scopo di aiutare a garantire l’effettivo accesso delle persone con disabilità alla giustizia, gli Stati Parti promuovono una formazione adeguata per coloro che operano nel campo dell’amministrazione della giustizia, comprese le forze di polizia ed il personale  penitenziario.

Articolo 14 - Libertà e sicurezza della persona
1. Gli Stati Parti garantiscono che le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri:
(a) godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale;
(b) non siano private della loro libertà illegalmente o arbitrariamente, che qualsiasi privazione della libertà sia conforme alla legge e che l’esistenza di una disabilità non giustifichi in nessun caso una privazione della libertà.
2. Gli Stati Parti assicurano che, nel caso in cui le persone con disabilità siano private della libertà a seguito di qualsiasi procedura, esse abbiano diritto su base di uguaglianza con gli altri, alle garanzie previste dalle norme internazionali sui diritti umani e siano trattate conformemente agli scopi ed ai principi della presente Convenzione, compreso quello di ricevere un accomodamento ragionevole.

Articolo 15 - Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti
1. Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. In particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il proprio libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche.
2. Gli Stati Parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altra natura idonee ad impedire che persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, siano sottoposte a tortura, a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 16 - Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti
1. Gli Stati Parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all’interno e all’esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, compresi gli aspetti di genere.
2. Gli Stati Parti adottano altresì tutte le misure adeguate ad impedire ogni forma di sfruttamento, di violenza e di maltrattamento, assicurando, segnatamente alle persone con disabilità, alle loro famiglie ed a coloro che se ne prendono cura, appropriate forme di assistenza e sostegno adatte al genere ed all’età, anche mettendo a disposizione informazioni e servizi educativi sulle modalità per evitare, riconoscere e denunciare casi di sfruttamento, violenza e abuso. Gli Stati Parti assicurano che i servizi di protezione tengano conto dell’età, del genere e della disabilità.
3. Allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e abuso, gli Stati Parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti.
4. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate per facilitare il recupero fisico, cognitivo e psicologico, la riabilitazione e la reintegrazione sociale delle persone con disabilità vittime di qualsiasi forma di sfruttamento, violenza o maltrattamento, in particolare prevedendo servizi di protezione. Il recupero e la reintegrazione devono aver luogo in un ambiente che promuova la salute, il benessere, l’autostima, la dignità e l’autonomia della persona e che prenda in considerazione le esigenze specifiche legate al genere ed all’età.
5. Gli Stati Parti devono adottare una legislazione e delle politiche efficaci, ivi comprese una legislazione e delle politiche specifiche per le donne ed i minori, per garantire che i casi di sfruttamento, di violenza e di abuso contro persone con disabilità siano identificati, indagati  e, ove del caso, perseguiti.

Articolo 17 - Protezione dell’integrità della persona
Ogni persona con disabilità ha diritto al rispetto della propria integrità fisica e mentale su base di uguaglianza con gli altri.

Articolo 18 - Libertà di movimento e cittadinanza
1. Gli Stati Parti riconoscono alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, il diritto alla libertà di movimento, alla libertà di scelta della propria residenza e il diritto alla cittadinanza, anche assicurando che le persone con disabilità:
(a) abbiano il diritto di acquisire e cambiare la cittadinanza e non siano private della cittadinanza arbitrariamente o a causa della loro disabilità;
(b) non siano private a causa della disabilità, della capacità di ottenere, detenere ed utilizzare la documentazione attinente alla loro cittadinanza o altra documentazione di identificazione, o di utilizzare le procedure pertinenti, quali le procedure di immigrazione, che si rendano necessarie per facilitare l’esercizio del diritto alla libertà di movimento;
            (c)  siano libere di lasciare qualunque paese, incluso il proprio;
(d) non siano private, arbitrariamente o a motivo della loro disabilità, del diritto di entrare nel proprio paese.
2. I minori con disabilità devono essere registrati immediatamente dopo la nascita e hanno diritto sin dalla nascita a un nome, al diritto di acquisire una cittadinanza, e, per quanto possibile, al diritto di conoscere i propri genitori e di essere da questi allevati.

Articolo 19 - Vita indipendente ed inclusione nella società
Gli Stati Parti alla presente Convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che:
(a) le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;
(b) le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione;
(c) i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni.

Articolo 20 - Mobilità personale
Gli Stati Parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a:
(a) facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili;
(b) agevolare l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausilii per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili;
(c) fornire alle persone con disabilità e al personale specializzato che lavora con esse una formazione sulle tecniche di mobilità;
(d) incoraggiare i produttori di ausilii alla mobilità, apparati e accessori e tecnologie di supporto a prendere in considerazione tutti gli aspetti della mobilità delle persone con disabilità.

Articolo 21 - Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione
Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e
attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta, come definito dall’articolo 2 della presente Convenzione, provvedendo in particolare a:
(a) mettere a disposizione delle persone con disabilità le informazioni destinate al grande pubblico in forme accessibili e mediante tecnologie adeguate ai differenti tipi di disabilità, tempestivamente e senza costi aggiuntivi;
(b) accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità, alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta;
(c) richiedere agli enti privati che offrono servizi al grande pubblico, anche attraverso internet, di fornire informazioni e servizi con sistemi accessibili e utilizzabili dalle persone con disabilità;
(d) incoraggiare i mass media, inclusi gli erogatori di informazione tramite internet, a rendere i loro servizi accessibili alle persone con disabilità;
(e) riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni.

Articolo 22 - Rispetto della vita privata
1. Nessuna persona con disabilità, indipendentemente dal luogo di residenza o dalla propria sistemazione, può essere soggetta ad interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, o in altri tipi di comunicazione, o a lesioni illegali al proprio onore o alla propria reputazione. Le persone con disabilità hanno il diritto di essere protette dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
2. Gli Stati Parti tutelano il carattere confidenziale delle informazioni personali, di quelle relative alla salute ed alla riabilitazione delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri.

Articolo 23 - Rispetto del domicilio e della famiglia
1. Gli Stati Parti adottano misure efficaci ed adeguate ad eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità in tutto ciò che attiene al matrimonio, alla famiglia, alla paternità e alle relazioni personali, su base di uguaglianza con gli altri, in modo da garantire che:
(a) sia riconosciuto il diritto di ogni persona con disabilità, che sia in età per contrarre matrimonio, di sposarsi e fondare una famiglia sulla base del pieno e libero consenso dei contraenti;
(b) sia riconosciuto il diritto delle persone con disabilità di decidere liberamente e responsabilmente riguardo al numero dei figli e all’intervallo tra le nascite e di avere accesso in modo appropriato secondo l’età, alle informazioni in materia di procreazione e pianificazione familiare, e siano forniti i mezzi necessari ad esercitare tali diritti;
(c) le persone con disabilità, inclusi i minori, conservino la loro fertilità su base di uguaglianza con gli altri.
2. Gli Stati Parti devono garantire i diritti e le responsabilità delle persone con disabilità in materia di tutela, di curatela, di custodia e di adozione di minori o di simili istituti, ove tali istituti siano previsti dalla legislazione nazionale; in ogni caso l’interesse superiore del minore resta la considerazione preminente. Gli Stati Parti forniscono un aiuto appropriato alle persone con disabilità nell’esercizio delle loro responsabilità di genitori.
3. Gli Stati Parti devono garantire che i minori con disabilità abbiano pari diritti per quanto riguarda la vita in famiglia. Ai fini della realizzazione di tali diritti e per prevenire l’occultamento, l’abbandono, la mancanza di cure e la segregazione di minori con disabilità, gli Stati Parti si impegnano a fornire informazioni, servizi e sostegni tempestivi e completi ai minori con disabilità e alle loro famiglie.
4. Gli Stati Parti devono garantire che un minore non sia separato dai propri genitori contro la sua volontà, a meno che le autorità competenti, soggette a verifica giurisdizionale, non decidano, conformemente alla legge e alle procedure applicabili, che tale separazione è necessaria nel superiore interesse del minore. In nessun caso un minore deve essere separato dai suoi genitori in ragione della propria disabilità o di quella di uno o di entrambi i genitori.
5. Gli Stati Parti si impegnano, qualora i familiari più stretti non siano in condizioni di prendersi cura di un minore con disabilità, a non tralasciare alcuno sforzo per assicurare una sistemazione alternativa all’interno della famiglia allargata e, ove ciò non sia possibile, all’interno della comunità in un contesto familiare.

Articolo 24 - Educazione
1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati:
(a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana;
(b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità;
(c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera.
2. Nell’attuazione di tale diritto, gli Stati Parti devono assicurare che:
(a) le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilità e che i minori con disabilità non siano esclusi in ragione della disabilità da una istruzione primaria gratuita libera ed obbligatoria o dall’istruzione secondaria;
(b) le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria, di qualità e libera ed all’istruzione secondaria;
(c) venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno;
(d) le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione;
(e) siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione.
3. Gli Stati Parti offrono alle persone con disabilità la possibilità di acquisire le competenze pratiche e sociali necessarie in modo da facilitare la loro piena ed uguale partecipazione al sistema di istruzione ed alla vita della comunità. A questo scopo, gli Stati Parti adottano misure adeguate, in particolare al fine di:
(a) agevolare l’apprendimento del Braille, della scrittura alternativa, delle modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, delle capacità di orientamento e di mobilità ed agevolare il sostegno tra pari ed attraverso un mentore;
(b) agevolare l’apprendimento della lingua dei segni e la promozione dell’identità linguistica della comunità dei sordi;
(c) garantire che le persone cieche, sorde o sordocieche, ed in particolare i minori, ricevano un’istruzione impartita nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più adeguati per ciascuno ed in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione.
4. Allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, gli Stati Parti adottano misure adeguate nell’impiegare insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nella lingua dei segni o nel Braille e per formare i dirigenti ed il personale che lavora a tutti i livelli del sistema educativo. Tale formazione dovrà includere la consapevolezza della disabilità e l’utilizzo di appropriate modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, e di tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità.
5. Gli Stati Parti garantiscono che le persone con disabilità possano avere accesso all’istruzione secondaria superiore, alla formazione professionale, all’istruzione per adulti ed all’apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita senza discriminazioni e su base di uguaglianza con gli altri. A questo scopo, gli Stati Parti garantiscono che sia fornito alle persone con disabilità un accomodamento ragionevole.

Articolo 25  - Salute
Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire loro l’accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione. In particolare, gli Stati Parti devono:
(a) fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione;
(b) fornire alle persone con disabilità i servizi sanitari di cui hanno necessità proprio in ragione delle loro disabilità, compresi i servizi di diagnosi precoce e di intervento d’urgenza, e i servizi destinati a ridurre al minimo ed a prevenire ulteriori disabilità, segnatamente tra i minori e gli anziani;
(c) fornire questi servizi sanitari alle persone con disabilità il più vicino possibile alle proprie comunità, comprese le aree rurali;
(d) richiedere agli specialisti sanitari di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri, in particolare ottenendo il consenso libero e informato della persona con disabilità coinvolta, accrescendo, tra l’altro, la conoscenza dei diritti umani, della dignità, dell’autonomia, e dei bisogni delle persone con disabilità attraverso la formazione e l’adozione di regole deontologiche nel campo della sanità pubblica e privata;
(e) vietare nel settore delle assicurazioni le discriminazioni a danno delle persone con disabilità, le quali devono poter ottenere, a condizioni eque e ragionevoli, un’assicurazione per malattia e, nei paesi nei quali sia consentito dalla legislazione nazionale, un’assicurazione
sulla vita;
(f) prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità.

Articolo 26 - Abilitazione e riabilitazione
1. Gli Stati Parti adottano misure efficaci e adeguate, in particolare facendo ricorso a forme di mutuo sostegno, al fine di permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali, ed il pieno inserimento e partecipazione in tutti gli ambiti della vita. A questo scopo, gli Stati Parti organizzano, rafforzano e sviluppano servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare nei settori della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali, in modo che questi servizi e programmi:
(a) abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e delle abilità di ciascuno;
(b) facilitino la partecipazione e l’integrazione nella comunità e in tutti gli aspetti della società, siano volontariamente posti a disposizione delle persone con disabilità nei luoghi più vicini possibili alle proprie comunità, comprese le aree rurali.
2. Gli Stati Parti promuovono lo sviluppo della formazione iniziale e permanente per i professionisti e per il personale che lavora nei servizi di abilitazione e riabilitazione.
3. Gli Stati Parti promuovono l’offerta, la conoscenza e l’utilizzo di tecnologie e strumenti di sostegno, progettati e realizzati per le persone con disabilità, che ne facilitino l’abilitazione e la riabilitazione.

Articolo 27 - Lavoro e occupazione
1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità. Gli Stati Parti devono garantire e favorire l’esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno subìto una disabilità durante l’impiego, prendendo appropriate iniziative – anche attraverso misure legislative – in particolare al fine di:
(a) vietare la discriminazione fondata sulla disabilità per tutto ciò che concerne il lavoro in ogni forma di occupazione, in particolare per quanto riguarda le condizioni di reclutamento, assunzione e impiego, la continuità dell’impiego, l’avanzamento di carriera e le condizioni di
sicurezza e di igiene sul lavoro;
(b) proteggere il diritto delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, di beneficiare di condizioni lavorative eque e favorevoli, compresa la parità di opportunità e l’uguaglianza di remunerazione per un lavoro di pari valore, condizioni di lavoro sicure e salubri, la protezione da molestie e le procedure di composizione delle controversie;
(c) garantire che le persone con disabilità siano in grado di esercitare i propri diritti di lavoratori e sindacali su base di uguaglianza con gli altri;
(d) consentire alle persone con disabilità di avere effettivo accesso ai programmi di orientamento tecnico e professionale, ai servizi per l’impiego e alla formazione professionale e continua;
(e) promuovere opportunità di impiego e l’avanzamento di carriera per le persone con disabilità nel mercato del lavoro, quali l’assistenza nella ricerca, nell’ottenimento e nel mantenimento di un lavoro, e nella reintegrazione nello stesso;
(f) promuovere opportunità di lavoro autonomo, l’imprenditorialità, l’organizzazione di cooperative e l’avvio di attività economiche in proprio;
(g) assumere persone con disabilità nel settore pubblico;
(h) favorire l’impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e misure adeguate che possono includere programmi di azione antidiscriminatoria, incentivi e altre misure;
(i) garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro;
(j) promuovere l’acquisizione, da parte delle persone con disabilità, di esperienze lavorative nel mercato del lavoro;
(k) promuovere programmi di orientamento e riabilitazione professionale, di mantenimento del posto di lavoro e di reinserimento nel lavoro per le persone con disabilità.
2. Gli Stati Parti assicurano che le persone con disabilità non siano tenute in schiavitù o in stato di servitù e siano protette, su base di uguaglianza con gli altri, dal lavoro forzato o coatto.

Articolo 28 - Adeguati livelli di vita e protezione sociale
1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto ad un livello di vita adeguato alle persone con disabilità ed alle loro famiglie, incluse adeguate condizioni di alimentazione, abbigliamento e alloggio, ed al miglioramento continuo delle loro condizioni di vita, e adottano misure adeguate per proteggere e promuovere l’esercizio di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità.
2. Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità alla protezione sociale ed al godimento di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità, e adottano misure adeguate a tutelare e promuovere l’esercizio di questo diritto, ivi incluse misure per:
(a) garantire alle persone con disabilità parità di accesso ai servizi di acqua salubre, ed assicurare loro l’accesso a servizi, attrezzature e altri tipi di assistenza per i bisogni derivanti dalla disabilità, che siano appropriati ed a costi accessibili;
(b) garantire l’accesso delle persone con disabilità, in particolare delle donne e delle minori con disabilità nonché delle persone anziane con disabilità, ai programmi di protezione sociale ed a quelli di riduzione della povertà;
(c) garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie, che vivono in situazioni di povertà, l’accesso all’aiuto pubblico per sostenere le spese collegate alle disabilità, includendo una formazione adeguata, forme di sostegno ed orientamento, aiuto economico o forme di presa in carico;
(d) garantire l’accesso delle persone con disabilità ai programmi di alloggio sociale;
(e) garantire alle persone con disabilità pari accesso ai programmi ed ai trattamenti pensionistici.

Articolo 29 - Partecipazione alla vita politica e pubblica
Gli Stati Parti garantiscono alle persone con disabilità il godimento dei diritti politici e la possibilità di esercitarli su base di uguaglianza con gli altri, e si impegnano a:
(a) garantire che le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla vita politica e pubblica su base di uguaglianza con gli altri, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti, compreso il diritto e la possibilità per le persone con disabilità di votare ed essere elette, tra l’altro:
(i) assicurando che le procedure, le strutture ed i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo;
(ii) proteggendo il diritto delle persone con disabilità a votare tramite scrutinio segreto, senza intimidazioni, in elezioni ed in referendum popolari, e a candidarsi alle elezioni, ad esercitare effettivamente i mandati elettivi e svolgere tutte le funzioni pubbliche a tutti i livelli di governo, agevolando, ove appropriato, il ricorso a tecnologie nuove e di supporto;
(iii) garantendo la libera espressione della volontà delle persone con disabilità come elettori e a questo scopo, ove necessario, su loro richiesta, autorizzandole a farsi assistere da una persona di loro scelta per votare.
(b) promuovere attivamente un ambiente in cui le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla conduzione degli affari pubblici, senza discriminazione e su base di uguaglianza con gli altri, e incoraggiare la loro partecipazione alla vita pubblica, in particolare attraverso:
(i) la partecipazione ad associazioni e organizzazioni non governative impegnate nella vita pubblica e politica del paese e alle attività e all’amministrazione dei partiti politici;
(ii) la costituzione di organizzazioni di persone con disabilità e l’adesione alle stesse al fine di rappresentarle a livello internazionale, nazionale, regionale e locale.

Articolo 30 - Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport
1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità:
(a) abbiano accesso ai prodotti culturali in formati accessibili;
(b) abbiano accesso a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili;
(c) abbiano accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici, e, per quanto possibile, abbiano accesso a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale.
2. Gli Stati Parti adottano misure adeguate a consentire alle persone con disabilità di sviluppare e realizzare il loro potenziale creativo, artistico e intellettuale, non solo a proprio vantaggio, ma anche per l’arricchimento della società.
3. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate, in conformità al diritto internazionale, a garantire che le norme che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole e discriminatorio all’accesso da parte delle persone con disabilità ai prodotti culturali.
4. Le persone con disabilità hanno il diritto, su base di uguaglianza con gli altri, al riconoscimento ed al sostegno della loro specifica identità culturale e linguistica, ivi comprese la lingua dei segni e la cultura dei sordi.
5. Al fine di consentire alle persone con disabilità di partecipare su base di uguaglianza con gli altri alle attività ricreative, agli svaghi e allo sport, gli Stati Parti adottano misure adeguate a:
(a) incoraggiare e promuovere la partecipazione più estesa possibile delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli;
(b) garantire che le persone con disabilità abbiano la possibilità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative specifiche per le persone con disabilità e, a tal fine, incoraggiare la messa a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione, formazione e risorse;
(c) garantire che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi che ospitano attività sportive, ricreative e turistiche;
(d) garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed allo sport, incluse le attività previste dal sistema scolastico;
(e) garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi forniti da coloro che sono impegnati nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.

Articolo 31 - Statistiche e raccolta dei dati
1. Gli Stati Parti si impegnano a raccogliere le informazioni appropriate, compresi i dati statistici e i risultati di ricerche, che permettano loro di formulare ed attuare politiche allo scopo di dare attuazione alla presente Convenzione. Il processo di raccolta e di conservazione di tali informazioni deve:
(a) essere coerente con le garanzie stabilite per legge, compresa la legislazione sulla protezione dei dati, per garantire la riservatezza e il rispetto della vita privata e familiare delle persone con disabilità;
(b) essere coerente con le norme accettate a livello internazionale per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dei principi etici che regolano la raccolta e l’uso delle statistiche.
2. Le informazioni raccolte in conformità al presente articolo devono essere disaggregate in maniera appropriata, e devono essere utilizzate per valutare l’adempimento degli obblighi contratti dagli Stati Parti alla presente Convenzione e per identificare e rimuovere le barriere che le persone con disabilità affrontano nell’esercizio dei propri diritti.
3. Gli Stati Parti assumono la responsabilità della diffusione di tali statistiche e garantiscono la loro accessibilità sia alle persone con disabilità che agli altri.

Articolo 32 - Cooperazione internazionale
1. Gli Stati Parti riconoscono l’importanza della cooperazione internazionale e della sua promozione, a sostegno degli sforzi dispiegati a livello nazionale per la realizzazione degli scopi e degli obiettivi della presente Convenzione, e adottano adeguate ed efficaci misure in questo senso, nei rapporti reciproci e al proprio interno e, ove del caso, in partenariato con le organizzazioni internazionali e regionali competenti e con la società civile, in particolare con organizzazioni di persone con disabilità. Possono, in particolare, adottare misure destinate a:
(a) far sì che la cooperazione internazionale, compresi i programmi internazionali di sviluppo, includa le persone con disabilità e sia a loro accessibile;
(b) agevolare e sostenere lo sviluppo di competenze, anche attraverso lo scambio e la condivisione di informazioni, esperienze, programmi di formazione e buone prassi di riferimento;
(c) agevolare la cooperazione nella ricerca e nell’accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche;
(d) fornire, ove del caso, assistenza tecnica ed economica, anche attraverso agevolazioni all’acquisto ed alla condivisione di tecnologie di accesso e di assistenza e operando trasferimenti di tecnologie.
2. Le disposizioni del presente articolo non pregiudicano l’obbligo di ogni Stato Parte di adempiere agli obblighi che ha assunto in virtù della presente Convenzione.

Articolo 33 - Applicazione a livello nazionale e monitoraggio
1. Gli Stati Parti designano, in conformità al proprio sistema di governo, uno o più punti di contatto per le questioni relative all’attuazione della presente Convenzione, e si propongono di creare o individuare in seno alla propria amministrazione una struttura di coordinamento incaricata di facilitare le azioni legate all’attuazione della presente Convenzione nei differenti settori ed a differenti livelli.
2. Gli Stati Parti, conformemente ai propri sistemi giuridici e amministrativi, mantengono, rafforzano, designano o istituiscono al proprio interno una struttura, includendo uno o più meccanismi indipendenti, ove opportuno, per promuovere, proteggere e monitorare l’attuazione della presente Convenzione. Nel designare o stabilire tale meccanismo, gli Stati Parti devono tenere in considerazione i principi relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani.
3. La società civile, in particolare le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative, è associata e pienamente partecipe al processo di monitoraggio.

Articolo 34 - Comitato sui diritti delle persone con disabilità
1. E’ istituito un Comitato sui diritti delle persone con disabilità (da qui in avanti denominato “Comitato”), che svolge le funzioni qui di seguito indicate.
2. Il Comitato si compone, a decorrere dall’entrata in vigore della presente Convenzione, di dodici esperti. Alla data del deposito di sessanta ratifiche o adesioni alla presente Convenzione, saranno aggiunti sei membri al Comitato, che raggiungerà la composizione massima di diciotto membri.
3. I membri del Comitato siedono a titolo personale e sono personalità di alta autorità morale e di riconosciuta competenza ed esperienza nel settore oggetto della presente Convenzione. Nella designazione dei propri candidati, gli Stati Parti sono invitati a tenere in debita considerazione le disposizioni stabilite nell’articolo 4 paragrafo 3 della presente Convenzione.
4. I membri del Comitato sono eletti dagli Stati Parti, tenendo in considerazione i principi di equa ripartizione geografica, la rappresentanza delle diverse forme di civiltà e dei principali sistemi giuridici, la rappresentanza bilanciata di genere e la partecipazione di esperti con disabilità.
5. I membri del Comitato sono eletti a scrutinio segreto su una lista di persone designate dagli Stati Parti tra i propri cittadini in occasione delle riunioni della Conferenza degli Stati Parti. A tali riunioni, ove il quorum è costituito dai due terzi degli Stati Parti, sono eletti membri del Comitato i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti degli Stati Parti presenti e votanti.
6. La prima elezione ha luogo entro sei mesi dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione. Almeno quattro mesi prima della data di ogni elezione, il Segretario Generale dell’Organizzazione Nazioni Unite invita per iscritto gli Stati Parti a proporre i propri candidati nel termine di due mesi. Successivamente il Segretario Generale prepara una lista in ordine alfabetico dei candidati così designati, indicando gli Stati Parti che li hanno proposti, e la comunica agli Stati Parti della presente Convenzione.
7. I membri del Comitato sono eletti per quattro anni. Sono rieleggibili una sola volta. Tuttavia, il mandato di sei dei membri eletti alla prima elezione scadrà al termine di due anni; subito dopo la prima elezione, i nominativi dei sei membri sono estratti a sorte dal Presidente della riunione di cui al paragrafo 5 del presente articolo.
8. L’elezione dei sei membri addizionali del Comitato si terrà in occasione delle elezioni ordinarie, in conformità con le disposizioni del presente articolo.
9. In caso di decesso o di dimissioni di un membro del Comitato o se, per qualsiasi altro motivo, questi dichiari di non potere più svolgere le sue funzioni, lo Stato Parte che ne aveva proposto la candidatura nomina un altro esperto in possesso delle qualifiche e dei requisiti stabiliti dalle disposizioni pertinenti del presente articolo, per ricoprire il posto vacante fino allo scadere del mandato corrispondente.
10. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.
11. Il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite mette a disposizione del Comitato il personale e le strutture necessari ad esplicare efficacemente le funzioni che gli sono attribuite in virtù della presente Convenzione, e convoca la prima riunione.
12. I membri del Comitato ricevono, con l’approvazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, emolumenti provenienti dalle risorse delle Nazioni Unite nei termini ed alle condizioni fissate dall’Assemblea Generale, tenendo in considerazione l’importanza delle funzioni del Comitato.
13. I membri del Comitato beneficiano delle facilitazioni, dei privilegi e delle immunità accordate agli esperti in missione per conto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite come stabilito nelle sezioni pertinenti della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite.

Articolo 35 - I rapporti degli Stati Parti
1. Ogni Stato Parte presenta al Comitato, tramite il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi in virtù della presente Convenzione e sui progressi conseguiti al riguardo, entro due anni dall’entrata in vigore della presente Convenzione per lo Stato Parte interessato.
2. Successivamente, gli Stati Parti presentano rapporti complementari almeno ogni quattro anni ed ogni altro rapporto che il Comitato richieda.
3. Il Comitato stabilisce le linee guida applicabili per quanto attiene al contenuto dei rapporti.
4. Gli Stati Parti che hanno presentato al Comitato un rapporto iniziale completo non sono tenuti, nei propri rapporti successivi, a ripetere informazioni già fornite. Gli Stati Parti sono invitati a redigere i propri rapporti secondo una procedura aperta e trasparente e a tenere in dovuta considerazione le disposizioni di cui all’articolo 4 paragrafo 3 della presente Convenzione.
5. I rapporti possono indicare i fattori e le difficoltà che incidono sull’adempimento degli obblighi previsti dalla presente Convenzione.

Articolo 36 - Esame dei rapporti
1. Ogni rapporto viene esaminato dal Comitato, il quale formula su di esso i suggerimenti e le raccomandazioni di carattere generale che ritiene appropriati e li trasmette allo Stato Parte interessato. Lo Stato Parte può rispondere fornendo al Comitato tutte le informazioni che ritenga utili. Il Comitato può richiedere ulteriori informazioni agli Stati Parti in relazione all’attuazione della presente Convenzione.
2. Se uno Stato Parte è significativamente in ritardo nella presentazione del rapporto, il Comitato può notificare allo Stato Parte in causa che esso sarà costretto ad esaminare l’applicazione della presente Convenzione nello Stato Parte sulla base di attendibili informazioni di cui possa disporre, a meno che il rapporto atteso non venga consegnato entro i tre mesi successivi alla notifica. Il Comitato invita lo Stato Parte interessato a partecipare a tale esame. Qualora lo Stato Parte risponda presentando il suo rapporto, saranno applicate le disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo.
3. Il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite dà comunicazione dei rapporti a tutti gli Stati Parti.
4. Gli Stati Parti rendono i propri rapporti ampiamente disponibili al pubblico nei rispettivi paesi e facilitano l’accesso ai suggerimenti e alle raccomandazioni generali che fanno seguito a questi rapporti.
5. Il Comitato trasmette, se lo ritiene necessario, alle agenzie specializzate, ai Fondi e Programmi delle Nazioni Unite, ed agli altri organismi competenti, i rapporti degli Stati Parti che contengano una richiesta o indichino l’esigenza di un parere o di assistenza tecnica, accompagnati, ove del caso, da osservazioni e suggerimenti del Comitato, concernenti tale richiesta o esigenza.

Articolo 37 - Cooperazione tra gli Stati Parti ed il Comitato
1 Gli Stati Parti collaborano con il Comitato e assistono i suoi membri nell’adempimento del loro mandato.
2. Nelle sue relazioni con gli Stati Parti, il Comitato accorda tutta l’attenzione necessaria alle modalità ed ai mezzi per incrementare le capacità nazionali al fine dell’attuazione della presente Convenzione, in particolare attraverso la cooperazione internazionale.

Articolo 38 - Relazione del Comitato con altri organismi
Per promuovere l’applicazione effettiva della presente Convenzione ed incoraggiare la cooperazione internazionale nel settore interessato dalla presente Convenzione:
(a) le Agenzie specializzate e gli altri organismi delle Nazioni Unite hanno il diritto di farsi rappresentare in occasione dell’esame dell’attuazione delle disposizioni della presente Convenzione che rientrano nel loro mandato. Il Comitato può invitare le istituzioni specializzate e ogni altro organismo che ritenga adeguato a fornire pareri specialistici sull’attuazione della Convenzione nei settori che rientrano nell’ambito dei loro rispettivi mandati. Il Comitato può invitare le istituzioni specializzate e gli altri organismi delle Nazioni Unite a presentare rapporti sull’applicazione della Convenzione nei settori che rientrano nel loro ambito di attività;
(b) il Comitato, nell’esecuzione del proprio mandato, consulta, ove lo ritenga opportuno, altri organismi istituiti dai trattati internazionali sui diritti umani, al fine di garantire la coerenza delle rispettive linee guida sulla stesura dei rapporti, dei suggerimenti e delle raccomandazioni generali e di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’esercizio delle rispettive funzioni.

Articolo 39 - Rapporto del Comitato
Il Comitato riferisce sulle proprie attività ogni due anni all’Assemblea Generale e al Consiglio Economico e Sociale, e può formulare suggerimenti e raccomandazioni generali basati sull’esame dei rapporti e delle informazioni ricevute dagli Stati Parti. Tali suggerimenti e raccomandazioni generali sono inclusi nel rapporto del Comitato accompagnati dai commenti, ove del caso, degli Stati Parti.

Articolo 40
Conferenza degli Stati Parti
1. Gli Stati Parti si riuniscono regolarmente in una Conferenza degli Stati Parti per esaminare ogni questione concernente l’applicazione della presente Convenzione.
2. La Conferenza degli Stati Parti viene convocata dal Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente Convenzione. Le riunioni successive vengono convocate dal Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ogni biennio o su decisione della Conferenza degli Stati Parti.

Articolo 41 - Depositario
Il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è il depositario della presente Convenzione.

Articolo 42 - Firma
La presente Convenzione è aperta alla firma da parte di tutti gli Stati e delle Organizzazioni d’integrazione regionale presso la sede della Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, a decorrere dal 30 marzo 2007.

Articolo 43 - Consenso ad essere vincolato
La presente Convenzione è sottoposta a ratifica degli Stati firmatari ed alla conferma formale delle Organizzazioni d’integrazione regionale firmatarie. E’ aperta all’adesione di ogni Stato o Organizzazione d’integrazione regionale che non abbia firmato la Convenzione stessa.

Articolo 44 - Organizzazioni d’integrazione regionale
1. Per “Organizzazione d’integrazione regionale” si intende ogni organizzazione costituita dagli Stati sovrani di una determinata regione, a cui gli Stati membri hanno trasferito competenze per quanto riguarda le questioni disciplinate dalla presente Convenzione. Nei propri strumenti di conferma o adesione formale, tali Organizzazioni dichiarano l’estensione delle loro competenze nell’ambito disciplinato dalla presente Convenzione. Successivamente, esse notificano al depositario qualsiasi modifica sostanziale dell’estensione delle proprie competenze.
2. I riferimenti agli “Stati Parti” nella presente Convenzione si applicano a tali organizzazioni nei limiti delle loro competenze.
3. Ai fini del paragrafo 1 dell’articolo 45, e dei paragrafi 2 e 3 dell’articolo 47 della presente Convenzione, non vengono tenuti in conto gli strumenti depositati da un’Organizzazione d’integrazione regionale.
4. Le Organizzazioni d’integrazione regionale possono esercitare il loro diritto di voto nelle questioni rientranti nell’ambito delle loro competenze, nella Conferenza degli Stati Parti, con un numero di voti uguale al numero dei propri Stati membri che sono Parti alla presente Convenzione. Tali Organizzazioni non esercitano il diritto di voto se uno degli Stati membri
esercita il proprio diritto, e viceversa.

Articolo 45 - Entrata in vigore
1. La presente Convenzione entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione.
2. Per ciascuno degli Stati o Organizzazioni d’integrazione regionale che ratificheranno o confermeranno formalmente la presente Convenzione o vi aderiranno dopo il deposito del ventesimo strumento, la Convenzione entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito da parte dello Stato o dell’Organizzazione del proprio strumento di ratifica, di adesione o di conferma formale.

Articolo 46 - Riserve
1. Non sono ammesse riserve incompatibili con l’oggetto e lo scopo della presente Convenzione.
2. Le riserve possono essere ritirate in qualsiasi momento.

Articolo 47 - Emendamenti
1. Ogni Stato Parte può proporre un emendamento alla presente Convenzione e sottoporlo al Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale comunica le proposte di emendamento agli Stati Parti, chiedendo loro di far conoscere se sono favorevoli alla convocazione di una conferenza degli Stati Parti al fine di esaminare tali proposte e di pronunziarsi su di esse. Se, entro quattro mesi dalla data di tale comunicazione, almeno un terzo degli Stati Parti si pronunziano a favore della convocazione di tale conferenza, il Segretario Generale convoca la conferenza sotto gli auspici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni emendamento adottato dalla maggioranza dei due terzi degli Stati Parti presenti e votanti viene sottoposto dal Segretario Generale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per l’approvazione e a tutti gli Stati Parti per la successiva accettazione.
2. Ogni emendamento adottato ed approvato in conformità alle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati Parti alla data dell’adozione dell’emendamento. Successivamente, l’emendamento entra in vigore per ogni Stato Parte il trentesimo giorno seguente al deposito del proprio strumento di accettazione. L’emendamento è vincolante solo per gli Stati Parti che l’hanno accettato.
3. Se la Conferenza degli Stati Parti decide in questi termini per consenso, un emendamento adottato e approvato in conformità al paragrafo 1 del presente articolo e riguardante esclusivamente gli articoli 34, 38, 39 e 40 entra in vigore per tutti gli Stati Parti il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati Parti alla data dell’adozione dell’emendamento.

Articolo 48 - Denuncia
Ogni Stato Parte può denunciare la presente Convenzione per mezzo di notifica scritta al Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. La denuncia avrà effetto un anno dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 49 - Formati accessibili
Il testo della presente Convenzione viene reso disponibile in formati accessibili.

Articolo 50 - Testi autentici
I testi in arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo della presente Convenzione fanno ugualmente fede.
In fede di che i sottoscritti Plenipotenziari, debitamente autorizzati dai rispettivi Governi, hanno firmato la presente Convenzione.




Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità


Gli Stati Parti del presente Protocollo hanno concordato quanto segue:

Articolo 1
1. Ogni Stato Parte del presente Protocollo (“Stato Parte”) riconosce la competenza del Comitato sui diritti delle persone con disabilità (“Comitato”) a ricevere e ad esaminare comunicazioni presentate da individui o gruppi di individui o in rappresentanza di individui o gruppi di individui soggetti alla sua giurisdizione che pretendano di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione da parte di quello Stato Parte.
2. Il Comitato non riceve alcuna comunicazione che riguardi uno Stato Parte della Convenzione che non sia parte contraente del presente Protocollo.

Articolo 2
Il Comitato dichiara irricevibile una comunicazione quando:
(a) la comunicazione è anonima;
(b) la comunicazione costituisce un abuso del diritto di presentare tali comunicazioni o è incompatibile con le disposizioni della Convenzione;
(c) riguardi una questione che è stata già esaminata dal Comitato o è stata ovvero è in corso di esame presso un’altra istanza internazionale d’inchiesta o di regolamento;
(d) con riferimento alla stessa, non siano stati esauriti tutti i mezzi di tutela nazionali disponibili, a meno che la procedura di ricorso non superi termini ragionevoli o che sia improbabile che il richiedente ottenga una riparazione effettiva con tali mezzi;
(e) sia manifestamente infondata o insufficientemente motivata; o quando i fatti oggetto della comunicazione siano avvenuti prima dell’entrata in vigore del presente Protocollo per gli Stati Parti coinvolti, a meno che quei fatti persistano dopo quella data.

Articolo 3
Fatte salve le disposizioni dell’articolo 2 del presente Protocollo, il Comitato sottopone in via confidenziale ogni comunicazione presentatagli all’attenzione dello Stato Parte interessato. Lo Stato interessato presenta al Comitato, nel termine di sei mesi, spiegazioni scritte o dichiarazioni che chiariscano la questione e che indichino le misure che potrebbe aver adottato per porre rimedio alla situazione.

Articolo 4
1. Dopo la ricezione di una comunicazione e prima di prendere una decisione sul merito, il Comitato può sottoporre in ogni momento all’urgente attenzione dello Stato Parte interessato una richiesta affinché lo Stato Parte adotti le misure conservative necessarie al fine di evitare che alla vittima o alle vittime della presunta violazione siano causati danni irreparabili.
2. Il Comitato non pregiudica la sua decisione sulla ricevibilità o sul merito della comunicazione per il solo fatto di esercitare la facoltà riconosciutagli dal paragrafo 1 del presente articolo.

Articolo 5
Il Comitato esamina a porte chiuse le comunicazioni che gli sono indirizzate ai sensi del presente Protocollo. Dopo aver esaminato una comunicazione, il Comitato trasmette i suoi suggerimenti e le eventuali raccomandazioni allo Stato Parte interessato ed al richiedente.

Articolo 6
1. Qualora il Comitato riceva informazioni attendibili indicanti violazioni gravi o sistematiche dei diritti enunciati nella presente Convenzione da parte di uno Stato Parte, il Comitato invita quello Stato Parte a cooperare nell’esaminare le informazioni e a presentare le proprie osservazioni riguardanti le informazioni in questione.
2. Basandosi sulle osservazioni eventualmente formulate dallo Stato Parte interessato nonché su ogni altra informazione attendibile di cui disponga, il Comitato può incaricare uno o più dei suoi membri di condurre un’inchiesta e di riferirne senza indugio i risultati al Comitato. Ove ciò sia giustificato e con il consenso dello Stato Parte, l’inchiesta può includere una visita sul territorio di quello Stato.
3. Dopo aver esaminato i risultati dell’inchiesta, il Comitato li trasmette allo Stato Parte interessato accompagnati, ove del caso, da commenti e raccomandazioni.
4. Lo Stato Parte interessato presenta le sue osservazioni al Comitato, entro sei mesi dalla ricezione dei risultati dell’inchiesta e dei commenti e raccomandazioni trasmessi dal Comitato.
5. L’inchiesta mantiene un carattere confidenziale e la cooperazione dello Stato Parte viene sollecitata in ogni fase della procedura.

Articolo 7
1. Il Comitato può invitare lo Stato Parte interessato ad includere, nel rapporto che è tenuto a presentare ai sensi dell’articolo 35 della Convenzione, precisazioni sulle misure adottate a seguito di un’inchiesta condotta ai sensi dell’articolo 6 del presente Protocollo.
2. Al termine del periodo di sei mesi di cui all’articolo 6, paragrafo 4, il Comitato può, ove del caso, invitare lo Stato Parte interessato ad informarlo circa le misure adottate a seguito dell’inchiesta.

Articolo 8
Ogni Stato Parte può, al momento della firma o della ratifica del presente Protocollo o adesione allo stesso, dichiarare di non riconoscere la competenza del Comitato prevista negli articoli 6 e 7.

Articolo 9
Il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è il depositario del presente Protocollo.

Articolo 10
Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati e delle Organizzazioni d’integrazione regionale firmatari della Convenzione, presso la sede della Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, a decorrere dal 30 marzo 2007.

Articolo 11
Il presente Protocollo è sottoposto a ratifica da parte degli Stati firmatari di questo Protocollo che abbiano ratificato o aderito alla Convenzione. La ratifica deve essere confermata formalmente da parte delle Organizzazioni d’integrazione regionale firmatarie del presente Protocollo che abbiano formalmente confermato o aderito alla Convenzione. E’ aperto all’adesione da parte di qualsiasi Stato o Organizzazione di integrazione regionale che abbia ratificato, formalmente confermato o aderito alla Convenzione e che non abbia firmato il Protocollo stesso.

Articolo 12
1. Per “Organizzazione d’integrazione regionale” si intende ogni organizzazione costituita dagli Stati sovrani di una determinata regione, a cui gli Stati Membri hanno trasferito competenze per quanto riguarda le questioni disciplinate da questa Convenzione e dal presente Protocollo. Nei propri strumenti di conferma o adesione formale, tali Organizzazioni dichiarano l’estensione delle loro competenze nell’ambito disciplinato da questa Convenzione e dal presente Protocollo. Successivamente, esse notificano al depositario qualsiasi modifica sostanziale dell’estensione delle proprie competenze.
2. I riferimenti agli “Stati Parti” nel presente Protocollo si applicano a tali Organizzazioni nei limiti delle loro competenze.
3. Ai fini dell’articolo 13, paragrafo 1 e dell’articolo 15, paragrafo 2, del presente Protocollo non vengono tenuti in conto gli strumenti depositati da un’Organizzazione d’integrazione regionale.
4. Le Organizzazioni d’integrazione regionale possono esercitare il loro diritto di voto nelle questioni rientranti nell’ambito delle loro competenze, nelle riunioni degli Stati Parti, con un numero di voti uguale al numero dei propri Stati membri che sono Parti al presente Protocollo. Tali Organizzazioni non esercitano il diritto di voto se uno degli Stati membri
esercita il proprio diritto, e viceversa.

Articolo 13
1. Fatta salva l’entrata in vigore della Convenzione, il presente Protocollo entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito del decimo strumento di ratifica o di adesione.
2. Per ciascuno degli Stati o Organizzazioni d’integrazione regionale che ratificheranno o confermeranno formalmente il presente Protocollo o vi aderiranno dopo il deposito del decimo strumento, il Protocollo entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito da parte dello Stato o dell’Organizzazione del proprio strumento di ratifica, di adesione o di conferma formale.

Articolo 14
1. Non sono ammesse riserve incompatibili con l’oggetto e lo scopo del presente Protocollo.
2. Le riserve possono essere ritirate in qualsiasi momento.

Articolo 15
1. Ogni Stato Parte può proporre un emendamento al presente Protocollo e sottoporlo al Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale comunica le proposte di emendamento agli Stati Parti, chiedendo loro di far conoscere se sono favorevoli alla convocazione di una riunione degli Stati Parti al fine di esaminare tali proposte e pronunziarsi su di esse. Se, entro quattro mesi dalla data di tale comunicazione, almeno un terzo degli Stati Parti si pronunziano a favore della convocazione di tale riunione, il Segretario Generale convoca la riunione sotto gli auspici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni emendamento adottato dalla maggioranza dei due terzi degli Stati Parti presenti e votanti viene sottoposto dal Segretario Generale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per l’approvazione e a tutti gli Stati Parti per la successiva accettazione.
2. Ogni emendamento adottato ed approvato in conformità alle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati Parti alla data dell’adozione dell’emendamento. Successivamente, l’emendamento entra in vigore per ogni Stato Parte il trentesimo giorno seguente al deposito del proprio strumento di  accettazione. L’emendamento è vincolante solo per gli Stati Parti che lo hanno accettato.

Articolo 16
Ogni Stato Parte può denunciare il presente Protocollo per mezzo di notifica scritta al Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. La denuncia avrà effetto un anno dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 17
Il testo del presente Protocollo viene reso disponibile in formati accessibili.

Articolo 18
I testi in arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo del presente Protocollo fanno ugualmente fede.
In fede di che i sottoscritti Plenipotenziari, debitamente autorizzati dai rispettivi Governi, hanno firmato il presente Protocollo.

  2 (due)
 L. 5 febbraio 1992, n. 104,
pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O.

Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Art. 1
Finalità
1. La Repubblica:
a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e nel promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;

b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;

c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata;

d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.

Art. 2
Principi generali
1. La presente legge detta i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata. Essa costituisce inoltre riforma economico-sociale della Repubblica, ai sensi dell'articolo 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 . 

Art. 3
Soggetti aventi diritto
1. E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.

3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

Art. 4
Accertamento dell'handicap
1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295 , che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

Art. 5
Principi generali per i diritti della persona handicappata
1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi:
a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedia, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca;

b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;

c) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiete familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;

d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società;

e) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;

f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;

g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;

i) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito;

l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;

m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.

Art. 6
Prevenzione e diagnosi precoce
1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cui agli articoli 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.

2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 , e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 , e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle conseguenze dell'handicap, nonché sulla prevenzione in fase preconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;

b) l'effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della partoriente e del nascituro;

c) l'individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni congenite e patologie invalidanti;

d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che possono essere causa di handicap fisici, psichici, sensoriali di neuromotulesioni;

e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro conseguenze;

f) l'assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio;

g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l'obbligatorietà del controllo per l'individuazione ed il tempestivo trattamento dell'ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità dei controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 . Con tali atti possono essere individuate altre forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere l'indagine per tutta la popolazione neonatale;

h) un'attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli asili nido, delle scuole materne e dell'obbligo, per accertare l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l'ottavo giorno, al trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del primo anno di vita. E' istituito a tal fine un libretto sanitario personale, con le caratteristiche di cui all'articolo 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , su cui sono riportati i risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del bambino;

i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici.
3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni forma di handicap, con particolare riguardo alla vaccinazione contro la rosolia.

Art. 7
Cura e riabilitazione
1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si realizzano con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. A questo fine il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:
a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata, nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l);

b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni.
2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia e all'estero.

Art. 8
Inserimento ed integrazione sociale
1. L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:
a) interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;

b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale;

c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;

d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente;

e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;

f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati;

g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici;

h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;

i) organizzazione e sostegno di comunitàalloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;

l) istituzione o adattamento di centri socioriabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed estendere l'attività educativa in continuità ed in coerenza con l'azione della scuola.

Art. 9
Servizio di aiuto personale.
1. Il servizio di aiuto personale, che può essere istituito dai comuni o dalle unità sanitarie locali nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio, è diretto ai cittadini in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione dei cittadini stessi, e comprende il servizio di interpretariato per i cittadini non udenti.

2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi sanitari e socio-assistenziali esistenti sul territorio e può avvalersi dell'opera aggiuntiva di:
a) coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell'obiezione di coscienza ai sensi della normativa vigente, che ne facciano richiesta;

b) cittadini di età superiore ai diciotto anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria;

c) organizzazioni di volontariato.
3. Il personale indicato alle lettere a), b), c) del comma 2 deve avere una formazione specifica.

4. Al personale di cui alla lettera b) del comma 2 si estende la disciplina dettata dall'articolo 2, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266 .

Art. 10
Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità.
1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 , possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità-alloggio e centri socioriabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità.

2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 8 sono realizzate d'intesa con il gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica di cui all'articolo 15 e con gli organi collegiali della scuola.

3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell'iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali.

4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all'articolo 38.

5. Per la collocazione topografica, l'organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.

6. L'approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunità-alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell'area.

Art. 11
Soggiorno all'estero per cure.
1. Nei casi in cui vengano concesse le deroghe di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989, ove nel centro di altissima specializzazione estero non sia previsto il ricovero ospedaliero per tutta la durata degli interventi autorizzati, il soggiorno dell'assistito e del suo accompagnatore in alberghi o strutture collegate con il centro è equiparato a tutti gli effetti alla degenza ospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista dalla deroga.

2. La commissione centrale presso il Ministero della sanità di cui all'articolo 8 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989, esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli interventi autorizzati dalle regioni sulla base di criteri fissati con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , con il quale sono disciplinate anche le modalità della corresponsione di acconti alle famiglie.

Art. 12
Diritto all'educazione e all'istruzione.
1. Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l'inserimento negli asili nido.

2. E' garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.

3. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.

4. L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap.

5. All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata (1).

6. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.

7. I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

8. Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.

9. Ai minori handicappati soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunque garantite l'educazione e l'istruzione scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d'intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall'autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza delle clas si alle quali i minori sono iscritti.

10. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediante l'utilizzazione di personale in possesso di specifica formazione psico-pedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.

Art. 13
Integrazione scolastica.
1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517 , e successive modificazioni, anche attraverso:
a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubbici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività di collaborazione coordinate;

b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presìdi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;

c) la programmazione da parte dell'università di interventi adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano di studio individuale;

d) l'attribuzione, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per facilitare la frequenza e l'apprendimento di studenti non udenti;

e) la sperimentazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419 , da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap. 2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.
3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.

4. I posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado sono determinati nell'ambito dell'organico del personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dall'articolo 42, comma 6, lettera h).

5. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato.

6. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti (2).

Art. 14
Modalità di attuazione dell'integrazione.
1. Il Ministro della pubblica istruzione provvede alla formazione e all'aggiornamento del personale docente per l'acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti handicappati, ai sensi dell'articolo 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399 , nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168.
Il Ministro della pubblica istruzione provvede altresì:
a) all'attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;

b) all'organizzazione dell'attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;

c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola dell'obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età; nell'interesse dell'alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all'articolo 4, secondo comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416 , su proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi.
2. I piani di studio delle scuole di specializzazione di cui all'articolo 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341 , per il conseguimento del diploma abilitante all'insegnamento nelle scuole secondarie, comprendono, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione dei suddetti piani di studio, discipline facoltative, attinenti all'integrazione degli alunni handicappati, determinate ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990. Nel diploma di specializzazione conseguito ai sensi del predetto articolo 4 deve essere specificato se l'insegnante ha sostenuto gli esami relativi all'attività didattica di sostegno per le discipline cui il diploma stesso si riferisce, nel qual caso la specializzazione ha valore abilitante anche per l'attività didattica di sostegno.

3. La tabella del corso di laurea definita ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990 comprende, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione delle tabelle dei corsi di laurea, insegnamenti facoltativi attinenti all'integrazione scolastica degli alunni handicappati. Il diploma di laurea per l'insegnamento nelle scuole materne ed elementari di cui all'articolo 3, comma 2, della citata legge n. 341 del 1990 costituisce titolo per l'ammissione ai concorsi per l'attività didattica di sostegno solo se siano stati sostenuti gli esami relativi, individuati come obbligatori per la preparazione all'attività didattica di sostegno, nell'ambito della tabella suddetta definita ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della medesima legge n. 341 del 1990.

4. L'insegnamento delle discipline facoltative previste nei piani di studio delle scuole di specializzazione di cui al comma 2 e dei corsi di laurea di cui al comma 3 può essere impartito anche da enti o istituti specializzati all'uopo convenzionati con le università, le quali disciplinano le modalità di espletamento degli esami e i relativi controlli. I docenti relatori dei corsi di specializzazione devono essere in possesso del diploma di laurea e del diploma di specializzazione.

5. Fino alla prima applicazione dell'articolo 9 della citata legge n. 341 del 1990 , relativamente alle scuole di specializzazione si applicano le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417 , e successive modificazioni, al decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970 e all'articolo 65 della legge 20 maggio 1982, n. 270.

6. L'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati.

7. Gli accordi di programma di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), possono prevedere lo svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il personale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati.

Art. 15
Gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica.
1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, un esperto della scuola utilizzato ai sensi dell'articolo 14, decimo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270 , e successive modificazioni, due esperti designati dagli enti locali, due esperti delle unità sanitarie locali, tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal Ministro della pubblica istruzione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.

2. Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria di primo e secondo grado sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo.

3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40, per l'impostazione e l'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.

4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al Ministro della pubblica istruzione ed al presidente della giunta regionale. Il presidente della giunta regionale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma di cui agli artt. 13, 39 e 40 (3).

Art. 16
Valutazione del rendimento e prove d'esame.
1. Nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli insegnanti è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline.

2. Nella scuola dell'obbligo sono predisposte, sulla base degli elementi conoscitivi di cui al comma 1, prove d'esame corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonee a valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.

3. Nell'ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione.

4. Gli alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla valutazione del rendimento scolastico o allo svolgimento di esami anche universitari con l'uso degli ausili loro necessari.

5. Il trattamento individualizzato previsto dal comma 4 in favore degli alunni handicappati è consentito per il superamento degli esami universitari, previa intesa col docente della materia e, occorrendo, con il consiglio di facoltà, sentito eventualmente il consiglio dipartimentale.

Art. 17
Formazione professionale.
1. Le regioni, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 3, primo comma, lettere l) e m), e 8, primo comma, lettere g) e h), della legge 21 dicembre 1978, n. 845 , realizzano l'inserimento della persona handicappata negli ordinari corsi di formazione professionale dei centri pubblici e privati e garantiscono agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una qualifica anche mediante attività specifiche nell'ambito delle attività del centro di formazione professionale tenendo conto dell'orientamento emerso dai piani educativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature necessarie.

2. I corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona handicappata che, di conseguenza, è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi.

3. Nei centri di formazione professionale sono istituiti corsi per le persone handicappate non in grado di frequentare i corsi normali. I corsi possono essere realizzati nei centri di riabilitazione, quando vi siano svolti programmi di ergoterapia e programmi finalizzati all'addestramento professionale, ovvero possono essere realizzati dagli enti di cui all'articolo 5 della citata legge n. 845 del 1978, nonché da organizzazioni di volontariato e da enti autorizzati da leggi vigenti. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare alle disposizioni di cui al presente comma i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 845 del 1978.

4. Agli allievi che abbiano frequentato i corsi di cui al comma 2 è rilasciato un attestato di frequenza utile ai fini della graduatoria per il collocamento obbligatorio nel quadro economico-produttivo territoriale.

5. Fermo restando quanto previsto in favore delle persone handicappate dalla citata legge n. 845 del 1978 , una quota del fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 , è destinata ad iniziative di formazione e di avviamento al lavoro in forme sperimentali, quali tirocini, contratti di formazione, iniziative territoriali di lavoro guidato, corsi prelavorativi, sulla base di criteri e procedure fissati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 18
Integrazione lavorativa.
1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano l'istituzione e la tenuta dell'albo regionale degli enti, istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di servizi, e dei centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa di persone handicappate.

2. Requisiti per l'iscrizione all'albo dei cui al comma 1, oltre a quelli previsti dalle leggi regionali, sono:
a) avere personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione, con i requisiti di cui al capo II del titolo II del libro I del codice civile;

b) garantire idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza operativa.
3. Le regioni disciplinano le modalità di revisione ed aggiornamento biennale dell'albo di cui al comma 1.

4. I rapporti dei comuni, dei consorzi tra comuni e tra comuni e province, delle comunità montane e delle unità sanitarie locali con gli organismi di cui al comma 1 sono regolati da convenzioni conformi allo schema tipo approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro per gli affari sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (4).

5. L'iscrizione all'albo di cui al comma 1 è condizione necessaria per accedere alle convenzioni di cui all'articolo 38.

6. Le regioni possono provvedere con proprie leggi:
a) a disciplinare le agevolazioni alle singole persone handicappate per recarsi al posto di lavoro e per l'avvio e lo svolgimento di attività lavorative autonome;

b) a disciplinare gli incentivi, le agevolazioni e i contributi ai datori di lavoro anche ai fini dell'adattamento del posto di lavoro per l'assunzione delle persone handicappate.



Art. 19
Soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio
1. In attesa dell'entrata in vigore della nuova disciplina del collocamento obbligatorio, le disposizioni di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482 , e successive modificazioni, devono intendersi applicabili anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l'impiego in mansioni compatibili. Ai fini dell'avviamento al lavoro, la valutazione della persona handicappata tiene conto della capacità lavorativa e relazionale dell'individuo e non solo della minorazione fisica o psichica. La capacità lavorativa è accertata dalle commissioni di cui all'articolo 4 della presente legge, integrate ai sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche.

Art. 20
Prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni
1. La persona handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari e nei tempi aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap.

2. Nella domanda di partecipazione al concorso e all'esame per l'abilitazione alle professioni il candidato specifica l'ausilio necessario in relazione al proprio handicap, nonché l'eventuale necessità di tempi aggiuntivi.

Art. 21
Precedenza nell'assegnazione di sede
1. La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648 , assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo, ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili.

2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di trasferimento a domanda.

Art. 22
Accertamenti ai fini del lavoro pubblico e privato
1. Ai fini dell'assunzione al lavoro pubblico e privato non è richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione fisica.

Art. 23
Rimozione di ostacoli per l'esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative
1. L'attività e la pratica delle discipline sportive sono favorite senza limitazione alcuna. Il Ministro della sanità, con proprio decreto da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce i protocolli per la concessione dell'idoneità alla pratica sportiva agonistica alle persone handicappate.

2. Le regioni e i comuni, i consorzi di comuni ed il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) realizzano, in conformità alle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, ciascuno per gli impianti di propria competenza, l'accessibilità e la fruibilità delle strutture sportive e dei connessi servizi da parte delle persone handicappate.

3. Le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione ed i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, di attuazione della legge 9 gennaio 1989, n. 13 , e all'effettiva possibilità di accesso al mare delle persone handicappate.

4. Le concessioni autostradali ed i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.
5. Chiunque, nell'esercizio delle attività di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 17 maggio 1983, n. 217 , o di altri pubblici esercizi, discrimina persone handicappate è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire dieci milioni e con la chiusura dell'esercizio da uno a sei mesi.

Art. 24
Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche
1. Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13 , e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118 , e successive modificazioni, al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 , alla citata legge n. 13 del 1989 , e successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

2. Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti ai vincoli di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 , e successive modificazioni, e 29 giugno 1939, n. 1497 , e successive modificazioni, nonché ai vincoli previsti da leggi speciali aventi le medesime finalità, qualora le autorizzazioni previste dagli articoli 4 e 5 della citata legge n. 13 del 1989 non possano venire concesse, per il mancato rilascio del nulla osta da parte delle autorità competenti alla tutela del vincolo, la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche può essere realizzata con opere provvisionali, come definite dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164 , nei limiti della compatibilità suggerita dai vincoli stessi.

3. Alle comunicazioni al comune dei progetti di esecuzione dei lavori riguardanti edifici pubblici e aperti al pubblico, di cui al comma 1, rese ai sensi degli articoli 15, terzo comma, e 26, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , e successive modificazioni, sono allegate una documentazione grafica e una dichiarazione di conformità alla normativa vigente in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, anche ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. Il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia per le opere di cui al comma 1 è subordinato alla verifica della conformità del progetto compiuta dall'ufficio tecnico o dal tecnico incaricato dal comune. Il sindaco, nel rilasciare il certificato di agibilità e di abitabilità per le opere di cui al comma 1, deve accertare che le opere siano state realizzate nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere architettoniche. A tal fine può richiedere al proprietario dell'immobile o all'intestatario della concessione una dichiarazione resa sotto forma di perizia giurata redatta da un tecnico abilitato.

5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all'articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 , e l'obbligo della dichiarazione del progettista, l'accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all'Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

6. La richiesta di modifica di destinazione d'uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubblico è accompagnata dalla dichiarazione di cui al comma 3. Il rilascio del certificato di agibilità e di abitabilità è condizionato alla verifica tecnica della conformità della dichiarazione allo stato dell'immobile.

7. Tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità o l'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili. Essi sono puniti con l'ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi.

8. Il Comitato per l'edilizia residenziale (CER), di cui all'articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , fermo restando il divieto di finanziamento di cui all'articolo 32, comma 20, della citata legge n. 41 del 1986 , dispone che una quota dei fondi per la realizzazione di opere di urbanizzazione e per interventi di recupero sia utilizzata per la eliminazione delle barriere architettoniche negli insediamenti di edilizia residenziale pubblica realizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

9. I piani di cui all'articolo 32, comma 21, della citata legge n. 41 del 1986 sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all'individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate.

10. Nell'ambito della complessiva somma che in ciascun anno la Cassa depositi e prestiti concede agli enti locali per la contrazione di mutui con finalità di investimento, una quota almeno pari al 2 per cento è destinata ai prestiti finalizzati ad interventi di ristrutturazione e recupero in attuazione delle norme di cui al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384.

11. I comuni adeguano i propri regolamenti edilizi alle disposizioni di cui all'articolo 27 della citata legge n. 118 del 1971 , all'articolo 2 del citato regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1978 , alla citata legge n. 13 del 1989 , e successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Scaduto tale termine, le norme dei regolamenti edilizi comunali contrastanti con le disposizioni del presente articolo perdono efficacia.

Art. 25
Accesso alla informazione e alla comunicazione
1. Il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni contribuisce alla realizzazione di progetti elaborati dalle concessionarie per i servizi radiotelevisivi e telefonici volti a favorire l'accesso all'informazione radiotelevisiva e alla telefonia anche mediante installazione di decodificatori e di apparecchiature complementari, nonché mediante l'adeguamento delle cabine telefoniche.

2. All'atto di rinnovo o in occasione di modifiche delle convenzioni per la concessione di servizi radiotelevisivi o telefonici sono previste iniziative atte a favorire la ricezione da parte di persone con handicap sensoriali di programmi di informazione, culturali e di svago e la diffusione di decodificatori.

Art. 26
Mobilità e trasporti collettivi
1. Le regioni disciplinano le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi.

2. I comuni assicurano, nell'ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto individuali per le persone handicappate non in grado di servirsi dei mezzi pubblici.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni elaborano, nell'ambito dei piani regionali di trasporto e dei piani di adeguamento delle infrastrutture urbane, piani di mobilità delle persone handicappate da attuare anche mediante la conclusione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . I suddetti piani prevedono servizi alternativi per le zone non coperte dai servizi di trasporto collettivo. Fino alla completa attuazione dei piani, le regioni e gli enti locali assicurano i servizi già istituiti. I piani di mobilità delle persone handicappate predisposti dalle regioni sono coordinati con i piani di trasporto predisposti dai comuni.

4. Una quota non inferiore all'1 per cento dell'ammontare dei mutui autorizzati a favore dell'Ente ferrovie dello Stato è destinata agli interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche nelle strutture edilizie e nel materiale rotabile appartenenti all'Ente medesimo, attraverso capitolati d'appalto formati sulla base dell'articolo 20 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384.

5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti provvede alla omologazione di almeno un prototipo di autobus urbano ed extraurbano, di taxi, di vagone ferroviario, conformemente alle finalità della presente legge.

6. Sulla base dei piani regionali e della verifica della funzionalità dei prototipi omologati di cui al comma 5, il Ministro dei trasporti predispone i capitolati d'appalto contenenti prescrizioni per adeguare alle finalità della presente legge i mezzi di trasporto su gomma in corrispondenza con la loro sostituzione.

Art. 27
Trasporti individuali
1. A favore dei titolari di patente di guida delle categorie A, B, o C speciali, con incapacità motorie permanenti, le unità sanitarie locali contribuiscono alla spesa per la modifica degli strumenti di guida, quale strumento protesico extra-tariffario, nella misura del 20 per cento, a carico del bilancio dello Stato.

2. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge 9 aprile 1986, n. 97 , sono soppresse le parole: ", titolari di patente F" e dopo le parole: "capacità motorie," sono aggiunte le seguenti: "anche prodotti in serie,".

3 .......................................................(5).
4. Il Comitato tecnico di cui all'articolo 81, comma 9, del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 , come sostituito dall'articolo 4, comma 1, della legge 18 marzo 1988, n. 111, è integrato da due rappresentanti delle associazioni delle persone handicappate nominati dal Ministro dei trasporti su proposta del Comitato di cui all'articolo 41 della presente legge.

5. Le unità sanitarie locali trasmettono le domande presentate dai soggetti di cui al comma 1 ad un apposito fondo, istituito presso il Ministero della sanità, che provvede ad erogare i contributi nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 42.

Art. 28
Facilitazioni per i veicoli delle persone handicappate
1. I comuni assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati.

2. Il contrassegno di cui all'articolo 6 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 , che deve essere apposto visibilmente sul parabrezza del veicolo, è valido per l'utilizzazione dei parcheggi di cui al comma 1.

Art. 29
Esercizio del diritto di voto
1. In occasione di consultazioni elettorali, i comuni organizzano i servizi di trasporto pubblico in modo da facilitare agli elettori handicappati il raggiungimento del seggio elettorale.

2. Per rendere più agevole l'esercizio del diritto di voto, le unità sanitarie locali, nei tre giorni precedenti la consultazione elettorale, garantiscono in ogni comune la disponibilità di un adeguato numero di medici autorizzati per il rilascio dei certificati di accompagnamento e dell'attestazione medica di cui all'articolo 1 della legge 15 gennaio 1991, n. 15.

3. Un accompagnatore di fiducia segue in cabina i cittadini handicappati impossibilitati ad esercitare autonomamente il diritto di voto. L'accompagnatore deve essere iscritto nelle liste elettorali. Nessun elettore può esercitare la funzione di accompagnatore per più di un handicappato. Sul certificato elettorale dell'accompagnatore è fatta apposita annotazione dal presidente del seggio nel quale egli ha assolto tale compito.

Art. 30
Partecipazione
1. Le regioni per la redazione dei programmi di promozione e di tutela dei diritti della persona handicappata, prevedono forme di consultazione che garantiscono la partecipazione dei cittadini interessati.

Art. 31
Riserva di alloggi
1 .............................(6).

2. Il contributo di cui alla lettera r-bis) del primo comma dell'articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , introdotta dal comma 1 del presente articolo, è concesso dal Comitato esecutivo del CER direttamente ai comuni, agli Istituti autonomi case popolari, alle imprese, alle cooperative o loro consorzi indicati dalle regioni sulla base delle assegnazioni e degli acquisti, mediante atto preliminare di vendita di alloggi realizzati con finanziamenti pubblici e fruenti di contributo pubblico.

3. Il contributo di cui al comma 2 può essere concesso con le modalità indicate nello stesso comma, direttamente agli enti e istituti statali, assicurativi e bancari che realizzano interventi nel campo dell'edilizia abitativa che ne facciano richiesta per l'adattamento di alloggi di loro proprietà da concedere in locazione a persone handicappate ovvero ai nuclei familiari tra i cui componenti figurano persone handicappate in situazione di gravità o con ridotte o impedite capacità motorie.

4. Le associazioni presenti sul territorio, le regioni, le unità sanitarie locali, i comuni sono tenuti a fornire al CER, entro il 31 dicembre di ogni anno, ogni informazione utile per la determinazione della quota di riserva di cui alla citata lettera r-bis) del primo comma dell'articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

Art. 32
Agevolazioni fiscali
[1. Le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità e menomazione, per la parte del loro ammontare complessivo che eccede il 5 o il 10 per cento del reddito complessivo annuo dichiarato a seconda che questo sia o meno superiore a 15 milioni di lire, sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente che ha sostenuto gli oneri per sè o per le persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, purché dalla documentazione risulti chi ha sostenuto effettivamente la spesa, la persona da assistere perché invalida e il domicilio o la residenza del percipiente] (7).

Art. 33
Agevolazioni
1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 , a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.

2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno (8).

4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all'articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971 , si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971 , nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.

Art. 34
Protesi e ausili tecnici
1. Con decreto del Ministro della sanità da emanare, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nella revisione e ridefinizione del nomenclatore-tariffario delle protesi di cui al terzo comma dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , vengono inseriti apparecchi e attrezzature elettronici e altri ausili tecnici che permettano di compensare le difficoltà delle persone con handicap fisico o sensoriale.

Art. 35
Ricovero del minore handicappato.
1. Nel caso di ricovero di una persona handicappata di minore età presso un istituto anche a carattere sanitario, pubblico o privato, ove dall'istituto sia segnalato l'abbandono del minore, si applicano le norme di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 36
Aggravamento delle sanzioni penali
1. Per i reati di cui agli articoli 527 e 628 del codice penale, nonché per i delitti non colposi contro la persona, di cui al titolo XII del libro secondo II del codice penale, e per i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75 , qualora l'offeso sia una persona handicappata la pena è aumentata da un terzo alla metà (9).

2. Per i procedimenti penali per i reati di cui al comma 1 è ammessa la costituzione di parte civile del difensore civico, nonché dell'associazione alla quale risulti iscritta la persona handicappata o un suo familiare.

Art. 37
Procedimento penale in cui sia interessata una persona handicappata
1. Il Ministro di grazia e giustizia, il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, disciplinano con proprio decreto le modalità di tutela della persona handicappata, in relazione alle sue esigenze terapeutiche e di comunicazione, all'interno dei locali di sicurezza, nel corso dei procedimenti giudiziari penali e nei luoghi di custodia preventiva e di espiazione della pena.

Art. 38
Convenzioni
1. Per fornire i servizi di cui alla presente legge i comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali per la parte di loro competenza, si avvalgono delle strutture e dei servizi di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 . Possono inoltre avvalersi dell'opera di associazioni riconosciute e non riconosciute, di istituzioni private di assistenza non aventi scopo di lucro e di cooperative, sempreché siano idonee per i livelli delle prestazioni, per la qualificazione del personale e per l'efficienza organizzativa ed operativa, mediante la conclusione di apposite convenzioni.

2. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane, rilevata la presenza di associazioni in favore di persone handicappate, che intendano costituire cooperative di servizi o comunità-alloggio o centri socio-riabilitativi senza fini di lucro, possono erogare contributi che consentano di realizzare tali iniziative per i fini previsti dal comma 1, lettere h), i) e l) dell'articolo 8, previo controllo dell'adeguatezza dei progetti e delle iniziative, in rapporto alle necessità dei soggetti ospiti, secondo i principi della presente legge.

Art. 39
Compiti delle regioni.
1. Le regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, ad interventi sociali, educativoformativi e riabilitativi nell'ambito del piano sanitario nazionale, di cui all'articolo 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , e successive modificazioni, e della programmazione regionale dei servizi sanitari, sociali e formativo-culturali.

2. Le regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio:
a) a definire l'organizzazione dei servizi, i livelli qualitativi delle prestazioni, nonché i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica integrativa di competenza dei comuni;

b) a definire, mediante gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , le modalità di coordinamento e di integrazione dei servizi e delle prestazioni individuali di cui alla presente legge con gli altri servizi sociali, sanitari, educativi, anche d'intesa con gli organi periferici dell'Amministrazione della pubblica istruzione e con le strutture prescolastiche o scolastiche e di formazione professionale, anche per la messa a disposizione di attrezzature, operatori o specialisti necessari all'attività di prevenzione, diagnosi e riabilitazione eventualmente svolta al loro interno;

c) a definire, in collaborazione con le università e gli istituti di ricerca, i programmi e le modalità organizzative delle iniziative di riqualificazione ed aggiornamento del personale impiegato nelle attività di cui alla presente legge;

d) a promuovere, tramite le convenzioni con gli enti di cui all'articolo 38, le attività di ricerca e di sperimentazione di nuove tecnologie di apprendimento e di riabilitazione, nonché la produzione di sussidi didattici e tecnici;

e) a definire le modalità di intervento nel campo delle attività assistenziali e quelle di accesso ai servizi;

f) a disciplinare le modalità del controllo periodico degli interventi di inserimento ed integrazione sociale di cui all'articolo 5, per verificarne la rispondenza all'effettiva situazione di bisogno;

g) a disciplinare con legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri relativi all'istituzione e al funzionamento dei servizi di aiuto personale;

h) ad effettuare controlli periodici sulle aziende beneficiarie degli incentivi e dei contributi di cui all'articolo 18, comma 6, per garantire la loro effettiva finalizzazione all'integrazione lavorativa delle persone handicappate;

i) a promuovere programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da parte delle organizzazioni di volontariato;

l) ad elaborare un consuntivo annuale analitico delle spese e dei contributi per assistenza erogati sul territorio anche da enti pubblici e enti o associazioni privati, i quali trasmettono alle regioni i rispettivi bilanci, secondo modalità fissate dalle regioni medesime.

Art. 40
Compiti dei comuni
1. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro la competenza, attuano gli interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti.

2. Gli statuti comunali di cui all'articolo 4 della citata legge n. 142 del 1990 disciplinano le modalità del coordinamento degli interventi di cui al comma 1 con i servizi sociali, sanitari, educativi e di tempo libero operanti nell'ambito territoriale e l'organizzazione di un servizio di segreteria per i rapporti con gli utenti, da realizzarsi anche nelle forme del decentramento previste dallo statuto stesso.

Art. 41
Competenze del Ministro per gli affari sociali e costituzione del Comitato nazionale per le politiche dell'handicap
1. Il Ministro per gli affari sociali coordina l'attività delle Amministrazioni dello Stato competenti a realizzare gli obiettivi della presente legge ed ha compiti di promozione di politiche di sostegno per le persone handicappate e di verifica dell'attuazione della legislazione vigente in materia.

2. I disegni di legge del Governo contenenti disposizioni concernenti la condizione delle persone handicappate sono presentati previo concerto con il Ministro per gli affari sociali. Il concerto con il Ministro per gli affari sociali è obbligatorio per i regolamenti e per gli atti di carattere generale adottati in materia.

3. Per favorire l'assolvimento dei compiti di cui al comma 1, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato nazionale per le politiche dell'handicap.

4. Il Comitato è composto dal Ministro per gli affari sociali, che lo presiede, dai Ministri dell'interno, del tesoro, della pubblica istruzione, della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, nonché dai Ministri per le riforme istituzionali e gli affari regionali e per il coordinamento delle politiche comunitarie. Alle riunioni del Comitato possono essere chiamati a partecipare altri Ministri in relazione agli argomenti da trattare.

5. Il Comitato è convocato almeno tre volte l'anno, di cui una prima della presentazione al Consiglio dei ministri del disegno di legge finanziaria.

6. Il Comitato si avvale di:
a) tre assessori scelti tra gli assessori regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418 (10);

b) tre rappresentanti degli enti locali designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e un rappresentante degli enti locali designato dalla Lega delle autonomie locali;

c) cinque esperti scelti fra i membri degli enti e delle associazioni in possesso dei requisiti di cui agli articoli 1 e 2 della legge 19 novembre 1987, n. 476 , che svolgano attività di promozione e tutela delle persone handicappate e delle loro famiglie;

d) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
7. Il Comitato si avvale dei sistemi informativi delle Amministrazioni in esso rappresentate.

8. Il Ministro per gli affari sociali, entro il 15 aprile di ogni anno, presenta una relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato di attuazione delle politiche per l'handicap in Italia, nonché sugli indirizzi che saranno seguiti. A tal fine le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali trasmettono, entro il 28 febbraio di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri tutti i dati relativi agli interventi di loro competenza disciplinati dalla presente legge. Nel primo anno di applicazione della presente legge la relazione è presentata entro il 30 ottobre.

9. Il Comitato, nell'esercizio delle sue funzioni, è coadiuvato da una commissione permanente composta da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dell'interno, delle finanze, del tesoro, della pubblica istruzione, della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, nonché da tre rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri di cui uno del Dipartimento per gli affari sociali, uno del Dipartimento per gli affari regionali, uno del Dipartimento per la funzione pubblica. La commissione è presieduta dal responsabile dell'Ufficio per le problematiche della famiglia, della terza età, dei disabili e degli emarginati, del Dipartimento per gli affari sociali.

Art. 42
Copertura finanziaria
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, è istituito il Fondo per l'integrazione degli interventi regionali e delle province autonome in favore dei cittadini handicappati.

2. Il Ministro per gli affari sociali provvede, sentito il Comitato nazionale per le politiche dell'handicap di cui all'articolo 41, alla ripartizione annuale del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in proporzione al numero degli abitanti.

3. A partire dal terzo anno di applicazione della presente legge, il criterio della proporzionalità di cui al comma 2 può essere integrato da altri criteri, approvati dal Comitato di cui all'articolo 41, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , con riferimento a situazioni di particolare concentrazione di persone handicappate e di servizi di alta specializzazione, nonché a situazioni di grave arretratezza di alcune aree.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a ripartire i fondi di loro spettanza tra gli enti competenti a realizzare i servizi, dando priorità agli interventi in favore delle persone handicappate in situazione di gravità e agli interventi per la prevenzione.

5. Per le finalità previste dalla presente legge non possono essere incrementate le dotazioni organiche del personale della scuola di ogni ordine e grado oltre i limiti consentiti dalle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dal comma 6, lettera h).

6. E' autorizzata la spesa di lire 120 miliardi per l'anno 1992 e di lire 150 miliardi a decorrere dal 1993, da ripartire, per ciascun anno, secondo le seguenti finalità:
a) lire 2 miliardi e 300 milioni per l'integrazione delle commissioni di cui all'articolo 4;

b) lire 1 miliardo per il finanziamento del soggiorno all'estero per cure nei casi previsti dall'articolo 11;

c) lire 4 miliardi per il potenziamento dei servizi di istruzione dei minori ricoverati di cui all'articolo 12;

d) lire 8 miliardi per le attrezzature per le scuole di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b);

e) lire 2 miliardi per le attrezzature per le università di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b);

f) lire 1 miliardo e 600 milioni per l'attribuzione di incarichi a interpreti per studenti non udenti nelle università di cui all'articolo 13, comma 1, lettera d);

g) lire 4 miliardi per l'avvio della sperimentazione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera e);

h) lire 19 miliardi per l'anno 1992 e lire 38 miliardi per l'anno 1993 per l'assunzione di personale docente di sostegno nelle scuole secondarie di secondo grado prevista dall'articolo 13, comma 4;

i) lire 4 miliardi e 538 milioni per la formazione del personale docente prevista dall'articolo 14;

l) lire 2 miliardi per gli oneri di funzionamento dei gruppi di lavoro di cui all'articolo 15;

m) lire 5 miliardi per i contributi ai progetti per l'accesso ai servizi radiotelevisivi e telefonici previsti all'articolo 25;

n) lire 4 miliardi per un contributo del 20 per cento per la modifica degli strumenti di guida ai sensi dell'articolo 27, comma 1;

o) lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 per le agevolazioni per i genitori che lavorano, previste dall'articolo 33;

p) lire 50 milioni per gli oneri di funzionamento del Comitato e della commissione di cui all'articolo 41;

q) lire 42 miliardi e 512 milioni per l'anno 1992 e lire 53 miliardi e 512 milioni a partire dall'anno 1993 per il finanziamento del Fondo per l'integrazione degli interventi regionali e delle province autonome in favore dei cittadini handicappati di cui al comma 1 del presente articolo.
7. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire 120 miliardi per l'anno 1992 e a lire 150 miliardi a decorrere dall'anno 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1992-1994, al capitolo 6856 dello stato di previsionie del Ministero del tesoro per il 1992, all'uopo utilizzando l'accantonamento "Provvedimenti in favore di portatori di handicap".

8. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 43
Abrogazioni
1. L'articolo 230 del testo unico approvato con regio decreto 5 febbraio 1928 , n. 577 , l'articolo 415 del regolamento approvato con regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 , ed i commi secondo e terzo dell'articolo 28, della legge 30 marzo 1971, n. 118 , sono abrogati.

Art. 44
Entrata in vigore
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

(1) Per l'interpretazione autentica del presente comma 5, vedi l'art. 2, D.L. 27 agosto 1993, n. 324.

(2) Vedi, anche, il D.M. 9 luglio 1992.

(3) Vedi, anche, il D.M. 26 giugno 1992.

(4) Con D.M. 30 novembre 1994 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1994, n. 293) è stato approvato lo schema-tipo di convenzione previsto dal presente articolo.

(5) Aggiunge un comma, dopo il secondo, all'art. 1, L. 9 aprile 1986, n. 97.

(6) Aggiunge la lett. r-bis) all'art. 3, comma 1, L. 5 agosto 1978, n. 457.

(7) Abrogato dall'art. 2, D.L. 31 maggio 1994, n. 330.

(8) Per l'interpretazione autentica dell'espressione "hanno diritto a tre giorni di permesso mensile", vedi l'art. 2, D.L. 27 agosto 1993, n. 324.

(9) Comma così modificato dall'art. 17, L. 15 febbraio 1996, n. 66 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1996, n. 42).

(10) La Corte costituzionale, con sentenza 21-29 ottobre 1992, n. 406 (Gazz. Uff. 4 novembre 1992, n. 46 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 41, sesto comma, nella parte in cui, con riguardo alla lettea a), prevede che il Comitato "si avvale di", anziché "è composto da".








 3 (tre)





Legge 12 marzo 1999, n. 68
"Norme per il diritto al lavoro dei disabili"
Capo I
DIRITTO AL LAVORO DEI DISABILI
Art. 1.
(Collocamento dei disabili).
1.La presente legge ha come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili
nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica:
a.alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo,
che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni
per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni
e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, dal Ministero
della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della
sanità;
b.alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;
c.alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio
1970, n. 381, e successive modificazioni;
d.alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima
all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.
2.Agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un
residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono per sordomuti
coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell'apprendimento della lingua parlata.
3.Restano ferme le norme per i centralinisti telefonici non vedenti di cui alle leggi 14 luglio 1957, n. 594, e successive
modificazioni, 28 luglio 1960, n. 778, 5 marzo 1965, n. 155, 11 aprile 1967, n. 231, 3 giugno 1971, n. 397, e 29 marzo 1985, n.
113, le norme per i massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti di cui alle leggi 21 luglio 1961, n. 686, e 19 maggio
1971, n. 403, le norme per i terapisti della riabilitazione non vedenti di cui alla legge 11 gennaio 1994, n. 29, e le norme per
gli insegnanti non vedenti di cui all'articolo 61 della legge 20 maggio 1982, n. 270. Per l'assunzione obbligatoria dei
sordomuti restano altresì ferme le disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 della legge 13 marzo 1958, n. 308.
4.L'accertamento delle condizioni di disabilità di cui al presente articolo, che danno diritto di accedere al sistema per
l'inserimento lavorativo dei disabili, è effettuato dalle commissioni di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
secondo i criteri indicati nell'atto di indirizzo e coordinamento emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri entro
centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1. Con il medesimo atto vengono stabiliti i criteri e le modalità per
l'effettuazione delle visite sanitarie di controllo della permanenza dello stato invalidante.
5.In considerazione dei criteri adottati, ai sensi del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.
1124, per la valutazione e la verifica della residua capacità lavorativa derivante da infortunio sul lavoro e malattia
professionale, ai fini dell'accertamento delle condizioni di disabilità è ritenuta sufficiente la presentazione di certificazione
rilasciata dall'INAIL.

6.Per i soggetti di cui al comma 1, lettera d), l'accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto di accedere al
sistema per l'inserimento lavorativo dei disabili continua ad essere effettuato ai sensi delle disposizioni del testo unico
delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n.
915, e successive modificazioni.
7.I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti a garantire la conservazione del posto di lavoro a quei soggetti che,
non essendo disabili al momento dell'assunzione, abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia professionale
eventuali disabilità.
Art. 2.
(Collocamento mirato).
1.Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare
adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di
posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le
relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.
Art. 3.
(Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva).
1.I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui
all'articolo 1 nella seguente misura:
a.sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
b.due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c.un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
2.Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l'obbligo di cui al comma 1 si applica solo in caso di
nuove assunzioni.
3.Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della
solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al
personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l'obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di
nuova assunzione.
4.Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli
servizi amministrativi.
5.Gli obblighi di assunzione di cui al presente articolo sono sospesi nei confronti delle imprese che versano in una delle
situazioni previste dagli articoli 1 e 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ovvero dall'articolo 1
del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi
sono sospesi per la durata dei programmi contenuti nella relativa richiesta di intervento, in proporzione all'attività
lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre per la durata della
procedura di mobilità disciplinata dagli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e, nel
caso in cui la procedura si concluda con almeno cinque licenziamenti, per il periodo in cui permane il diritto di precedenza
all'assunzione previsto dall'articolo 8, comma 1, della stessa legge.
6.Agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.

7.Nella quota di riserva sono computati i lavoratori che vengono assunti ai sensi della legge 21 luglio 1961, n. 686, e
successive modificazioni, nonché della legge 29 marzo 1985, n. 113, e della legge 11 gennaio 1994, n. 29.
Art. 4.
(Criteri di computo della quota di riserva).
1.Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, non sono computabili tra i dipendenti i
lavoratori occupati ai sensi della presente legge ovvero con contratto a tempo determinato di durata non superiore a
nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché i dirigenti. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale si applicano le norme contenute nell'articolo 18, comma secondo, della legge 20 maggio 1970, n.
300, come sostituito dall'articolo 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108.
2.Nel computo le frazioni percentuali superiori allo 0,50 sono considerate unità.
3.I lavoratori disabili dipendenti occupati a domicilio o con modalità di telelavoro, ai quali l'imprenditore affida una
quantità di lavoro atta a procurare loro una prestazione continuativa corrispondente all'orario normale di lavoro in
conformità alla disciplina di cui all'articolo 11, secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 877, e a quella stabilita dal
contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori dell'azienda che occupa il disabile a domicilio o attraverso il
telelavoro, sono computati ai fini della copertura della quota di riserva.
4.I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non
possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se hanno subito una riduzione della capacità
lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore
di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori
l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti
a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno
diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i
predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli
uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità
lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8.
5.Le disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738, si applicano
anche al personale militare e della protezione civile.
6.Qualora si renda necessaria, ai fini dell'inserimento mirato, una adeguata riqualificazione professionale, le regioni
possono autorizzare, con oneri a proprio carico, lo svolgimento delle relative attività presso la stessa azienda che effettua
l'assunzione oppure affidarne lo svolgimento, mediante convenzioni, alle associazioni nazionali di promozione, tutela e
rappresentanza, di cui all'articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive
modificazioni, che abbiano le adeguate competenze tecniche, risorse e disponibilità, agli istituti di formazione che di tali
associazioni siano emanazione, purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845, nonché ai
soggetti di cui all'articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ai fini del finanziamento delle attività di riqualificazione
professionale e della corrispondente assistenza economica ai mutilati ed invalidi del lavoro, l'addizionale di cui al primo
comma dell'articolo 181 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124,
detratte le spese per l'assegno di incollocabilità previsto dall'articolo 180 dello stesso testo unico, per l'assegno speciale
di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 248, e per il fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori, di cui all'articolo 62
della legge 29 aprile 1949, n. 264, è attribuita alle regioni, secondo parametri predisposti dal Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata".
Art. 5.
(Esclusioni, esoneri parziali e contributi esonerativi).
1.Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23,
comma 1, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il parere entro trenta giorni dalla
data di trasmissione dello schema di decreto, e la Conferenza unificata, sono individuate le mansioni che, in relazione
all'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici, non consentono l'occupazione di

lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta. Il predetto decreto determina altresì la misura della eventuale
riduzione.
2.I datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto pubblico aereo, marittimo e terrestre non sono
tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3. Sono
altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione
al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto.
3.I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono
occupare l'intera percentuale dei disabili, possono, a domanda, essere parzialmente esonerati dall'obbligo dell'assunzione,
alla condizione che versino al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di cui all'articolo 14 un contributo
esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di lire 25.000 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore
disabile non occupato.
4.Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui
all'articolo 23, comma 1, sentita la Conferenza unificata e sentite altresì le Commissioni parlamentari competenti per
materia, che esprimono il loro parere con le modalità di cui al comma 1, sono disciplinati i procedimenti relativi agli esoneri
parziali dagli obblighi occupazionali, nonché i criteri e le modalità per la loro concessione, che avviene solo in presenza di
adeguata motivazione.
5.In caso di omissione totale o parziale del versamento dei contributi di cui al presente articolo, la somma dovuta può
essere maggiorata, a titolo di sanzione amministrativa, dal 5 per cento al 24 per cento su base annua. La riscossione è
disciplinata secondo i criteri previsti al comma 7.
6.Gli importi dei contributi e della maggiorazione di cui al presente articolo sono adeguati ogni cinque anni con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata.
7.Le regioni, entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, determinano i criteri e le modalità relativi al
pagamento, alla riscossione e al versamento, al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di cui all'articolo 14, delle
somme di cui al presente articolo.
8.I datori di lavoro, pubblici e privati, possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in un'unità
produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le
eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione. Per i datori
di lavoro privati la compensazione può essere operata in riferimento ad unità produttive ubicate in regioni diverse.
Capo II
SERVIZI DEL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO
Art. 6.
(Servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili e modifiche al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469).
1.Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito
denominati "uffici competenti", provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio,
secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a
favorire l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al
rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione
del collocamento mirato.
2.All'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono apportate le seguenti modificazioni:
a.le parole: "maggiormente rappresentative" sono sostituite dalle seguenti: "comparativamente più rappresentative";
b.sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Nell'ambito di tale organismo è previsto un comitato tecnico composto da
funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4
del presente decreto, con particolare riferimento alla materia delle inabilità, con compiti relativi alla valutazione delle

residue capacità lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti all'inserimento e alla predisposizione dei
controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilità. Agli oneri per il funzionamento del comitato tecnico si
provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per il funzionamento della commissione di cui al
comma 1".
Capo III
AVVIAMENTO AL LAVORO
Art. 7.
(Modalità delle assunzioni obbligatorie).
1.Ai fini dell'adempimento dell'obbligo previsto dall'articolo 3 i datori di lavoro assumono i lavoratori facendone richiesta
di avviamento agli uffici competenti ovvero attraverso la stipula di convenzioni ai sensi dell'articolo 11. Le richieste sono
nominative per:
a.le assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché i partiti politici, le
organizzazioni sindacali e sociali e gli enti da essi promossi;
b.il 50 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti;
c.il 60 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti.
2.I datori di lavoro pubblici effettuano le assunzioni in conformità a quanto previsto dall'articolo 36, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dall'articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80,
salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 11 della presente legge. Per le assunzioni di cui all'articolo 36,
comma 1, lettera a), del predetto decreto legislativo n. 29 del 1993, e successive modificazioni, i lavoratori disabili iscritti
nell'elenco di cui all'articolo 8, comma 2, della presente legge hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva
quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso.
3.La Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, che esercitano le funzioni di vigilanza sul sistema creditizio e in materia
valutaria, procedono alle assunzioni di cui alla presente legge mediante pubblica selezione, effettuata anche su base
nazionale.
Art. 8.
(Elenchi e graduatorie).
1.Le persone di cui al comma 1 dell'articolo 1, che risultano disoccupate e aspirano ad una occupazione conforme alle
proprie capacità lavorative, si iscrivono nell'apposito elenco tenuto dagli uffici competenti; per ogni persona, l'organismo
di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall'articolo 6 della presente
legge, annota in una apposita scheda le capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura e il
grado della minorazione e analizza le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l'incontro tra
domanda e offerta di lavoro. Gli uffici competenti provvedono al collocamento delle persone di cui al primo periodo del
presente comma alle dipendenze dei datori di lavoro.
2.Presso gli uffici competenti è istituito un elenco, con unica graduatoria, dei disabili che risultano disoccupati; l'elenco e
la graduatoria sono pubblici e vengono formati applicando i criteri di cui al comma 4. Dagli elementi che concorrono alla
formazione della graduatoria sono escluse le prestazioni a carattere risarcitorio percepite in conseguenza della perdita
della capacità lavorativa.
3.Gli elenchi e le schede di cui ai commi 1 e 2 sono formati nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 22 della
legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni.
4.Le regioni definiscono le modalità di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione della graduatoria di cui
al comma 2 sulla base dei criteri indicati dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4.

5.I lavoratori disabili, licenziati per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, mantengono la posizione in
graduatoria acquisita all'atto dell'inserimento nell'azienda.
Art. 9.
(Richieste di avviamento).
1.I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento
in cui sono obbligati all'assunzione dei lavoratori disabili.
2.In caso di impossibilità di avviare lavoratori con la qualifica richiesta, o con altra concordata con il datore di lavoro, gli
uffici competenti avviano lavoratori di qualifiche simili, secondo l'ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio
da svolgere anche attraverso le modalità previste dall'articolo 12.
3.La richiesta di avviamento al lavoro si intende presentata anche attraverso l'invio agli uffici competenti dei prospetti
informativi di cui al comma 6 da parte dei datori di lavoro.
4.I disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all'articolo 11. I datori di lavoro
che effettuano le assunzioni ai sensi del presente comma hanno diritto alle agevolazioni di cui all'articolo 13.
5.Gli uffici competenti possono determinare procedure e modalità di avviamento mediante chiamata con avviso pubblico e
con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro; la chiamata per avviso pubblico può
essere definita anche per singoli ambiti territoriali e per specifici settori.
6.I datori di lavoro, pubblici e privati, soggetti alle disposizioni della presente legge sono tenuti ad inviare agli uffici
competenti un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei
lavoratori computabili nella quota di riserva di cui all'articolo 3, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i
lavoratori di cui all'articolo 1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata, stabilisce
con proprio decreto, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, la periodicità dell'invio
dei prospetti e può altresì disporre che i prospetti contengano altre informazioni utili per l'applicazione della disciplina
delle assunzioni obbligatorie. I prospetti sono pubblici. Gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di
accesso ai predetti documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispongono la loro consultazione
nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico.
7.Ove l'inserimento richieda misure particolari, il datore di lavoro può fare richiesta di collocamento mirato agli uffici
competenti, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nel caso in cui non sia stata stipulata una
convenzione d'integrazione lavorativa di cui all'articolo 11, comma 4, della presente legge.
8.Qualora l'azienda rifiuti l'assunzione del lavoratore invalido ai sensi del presente articolo, la direzione provinciale del
lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti ed all'autorità giudiziaria.
Art. 10.
(Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti).
1.Ai lavoratori assunti a norma della presente legge si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e
dai contratti collettivi.
2.Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni.
3.Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile
può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle
medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare
se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. Qualora si riscontri una
condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1,
comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento
alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro
fino a che l'incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. Gli
accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, integrata a   7
dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche
l'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall'articolo 6
della presente legge. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa
di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili
adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile
all'interno dell'azienda.
4.Il recesso di cui all'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero il licenziamento per riduzione di
personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono
annullabili qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati
obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all'articolo 3 della presente legge.
5.In caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione, nel termine di dieci
giorni, agli uffici competenti, al fine della sostituzione del lavoratore con altro avente diritto all'avviamento obbligatorio.
6.La direzione provinciale del lavoro, sentiti gli uffici competenti, dispone la decadenza dal diritto all'indennità di
disoccupazione ordinaria e la cancellazione dalle liste di collocamento per un periodo di sei mesi del lavoratore che per
due volte consecutive, senza giustificato motivo, non risponda alla convocazione ovvero rifiuti il posto di lavoro offerto
corrispondente ai suoi requisiti professionali e alle disponibilità dichiarate all'atto della iscrizione o reiscrizione nelle
predette liste.
Capo IV
CONVENZIONI E INCENTIVI
Art. 11.
(Convenzioni e convenzioni di integrazione lavorativa).
1.Al fine di favorire l'inserimento lavorativo dei disabili, gli uffici competenti, sentito l'organismo di cui all'articolo 6,
comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall'articolo 6 della presente legge, possono
stipulare con il datore di lavoro convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al
conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla presente legge.
2.Nella convenzione sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare.
Tra le modalità che possono essere convenute vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini
con finalità formative o di orientamento, l'assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova
più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l'esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla
menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.
3.La convenzione può essere stipulata anche con datori di lavoro che non sono obbligati alle assunzioni ai sensi della
presente legge.
4.Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro convenzioni di integrazione lavorativa per l'avviamento di
disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario.
5.Gli uffici competenti promuovono ed attuano ogni iniziativa utile a favorire l'inserimento lavorativo dei disabili anche
attraverso convenzioni con le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n.
381, e con i consorzi di cui all'articolo 8 della stessa legge, nonché con le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri
regionali di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e comunque con gli organismi di cui agli articoli 17 e 18
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con altri soggetti pubblici e privati idonei a contribuire alla realizzazione degli
obiettivi della presente legge.
6.L'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall'articolo 6
della presente legge, può proporre l'adozione di deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro e di
apprendistato, per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 3 ed al primo periodo del comma 6
dell'articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451.
Tali deroghe devono essere giustificate da specifici progetti di inserimento mirato.

7.Oltre a quanto previsto al comma 2, le convenzioni di integrazione lavorativa devono:
a.indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore disabile e le modalità del loro svolgimento;
b.prevedere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi servizi regionali o dei centri di
orientamento professionale e degli organismi di cui all'articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di favorire
l'adattamento al lavoro del disabile;
c.prevedere verifiche periodiche sull'andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione
lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo.
Art. 12.
(Cooperative sociali).
1.Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9 e 11, gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro
privati soggetti agli obblighi di cui all'articolo 3, con le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della
legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e con i disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta
individuale, apposite convenzioni finalizzate all'inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie di cui
all'articolo 1 presso le cooperative sociali stesse, ovvero presso i citati liberi professionisti, ai quali i datori di lavoro si
impegnano ad affidare commesse di lavoro. Tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, salvo diversa
valutazione del comitato tecnico di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 6, non possono riguardare più di un lavoratore
disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei lavoratori disabili da
assumere ai sensi dell'articolo 3, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti.
2.La convenzione è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:
a.contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da parte del datore di lavoro;
b.copertura dell'aliquota d'obbligo di cui all'articolo 3 attraverso l'assunzione di cui alla lettera a);
c.impiego del disabile presso la cooperativa sociale ovvero presso il libero professionista di cui al comma 1, con oneri
retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione, che non può
eccedere i dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi da parte degli uffici competenti;
d.indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:
1.l'ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare alla cooperativa ovvero al libero
professionista di cui al comma 1; tale ammontare non deve essere inferiore a quello che consente alla cooperativa stessa
ovvero al libero professionista di cui al comma 1 di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi
nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni finalizzate all'inserimento
lavorativo dei disabili;
2.i nominativi dei soggetti da inserire ai sensi del comma 1;
3.l'indicazione del percorso formativo personalizzato.
3.Alle convenzioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 11, comma 7.
4.Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all'articolo 3 e con le
cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive
modificazioni, apposite convenzioni finalizzate all'inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili.
Art. 13.
(Agevolazioni per le assunzioni).


1.Attraverso le convenzioni di cui all'articolo 11, gli uffici competenti possono concedere ai datori di lavoro privati, sulla
base dei programmi presentati e nei limiti delle disponibilità del Fondo di cui al comma 4 del presente articolo:
a.la fiscalizzazione totale, per la durata massima di otto anni, dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni
lavoratore disabile che, assunto in base alla presente legge, abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79
per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in
materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e
successive modificazioni; la medesima fiscalizzazione viene concessa in relazione ai lavoratori con handicap intellettivo e
psichico, assunti in base alla presente legge, indipendentemente dalle percentuali di invalidità, previa definizione da parte
delle regioni di criteri generali che consentano di contenere gli oneri a tale titolo nei limiti del 10 per cento della quota di
loro competenza a valere sulle risorse annue di cui al comma 4 e con indicazione delle modalità di utilizzo delle risorse
eventualmente non impiegate;
b.la fiscalizzazione nella misura del 50 per cento, per la durata massima di cinque anni, dei contributi previdenziali ed
assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla presente legge, abbia una riduzione della
capacità lavorativa compresa tra il 67 per cento e il 79 per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di
cui alle tabelle citate nella lettera a);
c.il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle
possibilità operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento o per l'apprestamento di
tecnologie di telelavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione
lavorativa del disabile.
2.Le agevolazioni di cui al comma 1 sono estese anche ai datori di lavoro che, pur non essendo soggetti agli obblighi
della presente legge, procedono all'assunzione di disabili.
3.Il datore di lavoro che, attraverso le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 11, assicura ai soggetti di cui al comma 1
dell'articolo 1 la possibilità di svolgere attività di tirocinio finalizzata all'assunzione, per un periodo fino ad un massimo di
dodici mesi, rinnovabili per una sola volta, assolve per la durata relativa l'obbligo di assunzione. I datori di lavoro sono
tenuti ad assicurare i tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro, mediante convenzioni con l'INAIL, e per la responsabilità
civile. I relativi oneri sono posti a carico del Fondo di cui al comma 4.
4.Per le finalità di cui al presente articolo è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per il
diritto al lavoro dei disabili, per il cui finanziamento è autorizzata la spesa di lire 40 miliardi per l'anno 1999 e lire 60 miliardi
a decorrere dall'anno 2000.
5.Dopo cinque anni, gli uffici competenti sottopongono a verifica la prosecuzione delle agevolazioni di cui al comma 1 del
presente articolo.
6.Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a lire 40 miliardi per l'anno 1999 e a lire 60 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, si provvede mediante corrispondente utilizzo dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 29-quater del
decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30. Le somme non
impegnate nell'esercizio di competenza possono esserlo in quelli successivi.
7.Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
8.Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui
all'articolo 23, comma 1, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la
Conferenza unificata, sono indicati i criteri e le modalità per la ripartizione fra le regioni delle disponibilità del Fondo di cui
al comma 4, nonché la disciplina dei procedimenti per la concessione delle agevolazioni di cui al comma 1.
9.Il Governo della Repubblica, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, procede ad una verifica
degli effetti delle disposizioni del presente articolo e ad una valutazione dell'adeguatezza delle risorse finanziarie ivi
previste.
Art. 14.
(Fondo regionale per l'occupazione dei disabili).

1.Le regioni istituiscono il Fondo regionale per l'occupazione dei disabili, di seguito denominato "Fondo", da destinare al
finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi.
2.Le modalità di funzionamento e gli organi amministrativi del Fondo sono determinati con legge regionale, in modo tale
che sia assicurata una rappresentanza paritetica dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei disabili.
3.Al Fondo sono destinati gli importi derivanti dalla irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente
legge ed i contributi versati dai datori di lavoro ai sensi della presente legge, nonché il contributo di fondazioni, enti di
natura privata e soggetti comunque interessati.
4.Il Fondo eroga:
a.contributi agli enti indicati nella presente legge, che svolgano attività rivolta al sostegno e all'integrazione lavorativa dei
disabili;
b.contributi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall'articolo 13, comma 1, lettera c);
c.ogni altra provvidenza in attuazione delle finalità della presente legge.
Capo V
SANZIONI E DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 15.
(Sanzioni).
1.Le imprese private e gli enti pubblici economici che non adempiano agli obblighi di cui all'articolo 9, comma 6, sono
soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire 1.000.000 per ritardato invio del prospetto,
maggiorata di lire 50.000 per ogni giorno di ulteriore ritardo.
2.Le sanzioni amministrative previste dalla presente legge sono disposte dalle direzioni provinciali del lavoro e i relativi
introiti sono destinati al Fondo di cui all'articolo 14.
3.Ai responsabili, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, di inadempienze di pubbliche amministrazioni alle disposizioni
della presente legge si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico
impiego.
4.Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui insorge l'obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui
all'articolo 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la
quota dell'obbligo di cui all'articolo 3, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a titolo di sanzione
amministrativa, al Fondo di cui all'articolo 14, di una somma pari a lire 100.000 al giorno per ciascun lavoratore disabile che
risulta non occupato nella medesima giornata.
5.Le somme di cui ai commi 1 e 4 sono adeguate ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale.
Art. 16.
(Concorsi presso le pubbliche amministrazioni).
1.Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 4, e 5, comma 1, i disabili possono partecipare a tutti i
concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi. A tal fine i bandi di concorso
prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in
effettive condizioni di parità con gli altri.
2.I disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell'adempimento
dell'obbligo di cui all'articolo 3, anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati
nel concorso.


3.Salvi i requisiti di idoneità specifica per singole funzioni, sono abrogate le norme che richiedono il requisito della sana e
robusta costituzione fisica nei bandi di concorso per il pubblico impiego.
Art. 17.
(Obbligo di certificazione).
1.Le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti
convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la
dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che dis ciplinano il diritto al lavoro dei
disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della
presente legge, pena l'esclusione.
Art. 18.
(Disposizioni transitorie e finali).
1.I soggetti già assunti ai sensi delle norme sul collocamento obbligatorio sono mantenuti in servizio anche se superano il
numero di unità da occupare in base alle aliquote stabilite dalla presente legge e sono computati ai fini dell'adempimento
dell'obbligo stabilito dalla stessa.
2.In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti
per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause,
nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei
profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763, è attribuita in favore
di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di
cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all'articolo 3, commi 3, 4 e 6, e
all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, della presente legge. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e
privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui
all'articolo 7, comma 1. Il regolamento di cui all'articolo 20 stabilisce le relative norme di attuazione.
3.Per un periodo di ventiquattro mesi a decorrere dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, gli invalidi del lavoro ed i
soggetti di cui all'articolo 4, comma 5, che alla medesima data risultino iscritti nelle liste di cui alla legge 2 aprile 1968, n.
482, e successive modificazioni, sono avviati al lavoro dagli uffici competenti senza necessità di inserimento nella
graduatoria di cui all'articolo 8, comma 2. Ai medesimi soggetti si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 6.
Art. 19.
(Regioni a statuto speciale e province autonome).
1.Sono fatte salve le competenze legislative nelle materie di cui alla presente legge delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 20.
(Regolamento di esecuzione).
1.Entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, sono emanate, sentita la Conferenza unificata, norme di
esecuzione, aventi carattere generale, cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si conformano,
nell'ambito delle rispettive competenze, ai fini dell'attuazione delle disposizioni della presente legge.
Art. 21.
(Relazione al Parlamento).
1.Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione
sullo stato di attuazione della presente legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono
tenute ad inviare al Ministro stesso.

Art. 22.
(Abrogazioni).
1.Sono abrogati:
a.la legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modificazioni;
b.l'articolo 12 della legge 13 agosto 1980, n. 466;
c.l'articolo 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763;
d.l'articolo 9 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79;
e.l'articolo 9 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n.
638;
f.l'articolo 14 della legge 20 ottobre 1990, n. 302.
Art. 23.
(Entrata in vigore).
1.Le disposizioni di cui agli articoli 1, comma 4, 5, commi 1, 4 e 7, 6, 9, comma 6, secondo periodo, 13, comma 8, 18, comma
3, e 20 entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
2.Le restanti disposizioni della presente legge entrano in vigore dopo trecento giorni dalla data della sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale


4 (quattro)
Legge 8 novembre 2000, n. 328
"Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2000 - Supplemento ordinario n. 186


Capo I
PRINCÌPI GENERALI DEL SISTEMA
INTEGRATO DI INTERVENTI E
SERVIZI SOCIALI

Art. 1.
(Princìpi generali e finalità)
1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
2. Ai sensi della presente legge, per "interventi e servizi sociali" si intendono tutte le attività previste dall’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.
6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.
7. Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, nell’ambito delle competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni contenute nella presente legge, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti.
Art. 2.
(Diritto alle prestazioni)
    1. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all’Unione europea ed i loro familiari, nonchè gli stranieri, individuati ai sensi dell’articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi sono garantite le misure di prima assistenza, di cui all’articolo 129, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

    2. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalità. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, sono tenuti a realizzare il sistema di cui alla presente legge che garantisce i livelli essenziali di prestazioni, ai sensi dell’articolo 22, e a consentire l’esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle prestazioni economiche di cui all’articolo 24 della presente legge, nonchè delle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
    3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonchè i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali.
    4. I parametri per la valutazione delle condizioni di cui al comma 3 sono definiti dai comuni, sulla base dei criteri generali stabiliti dal Piano nazionale di cui all’articolo 18.
    5. Gli erogatori dei servizi e delle prestazioni sono tenuti, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad informare i destinatari degli stessi sulle diverse prestazioni di cui possono usufruire, sui requisiti per l’accesso e sulle modalità di erogazione per effettuare le scelte più appropriate.
    

Art. 3.
(Princìpi per la programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali). 
    1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonchè della valutazione di impatto di genere.
    2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi:

        a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione nonchè con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;

        b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonchè le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni socio- sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.

    3. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, per le finalità della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall’articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire un’adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell’Unione europea.
    4. I comuni, le regioni e lo Stato promuovono azioni per favorire la pluralità di offerta dei servizi garantendo il diritto di scelta fra gli stessi servizi e per consentire, in via sperimentale, su richiesta degli interessati, l’eventuale scelta di servizi sociali in alternativa alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all’articolo 24, comma 1, lettera a), numeri  1) e 2), della presente legge, nonchè delle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
 

Art. 4.
(Sistema di finanziamento delle politiche sociali). 
    1. La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, i soggetti di cui all’articolo 1, comma 3.
    2. Sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità, fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e 5.
    3. Le regioni, secondo le competenze trasferite ai sensi dell’articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonchè in attuazione della presente legge, provvedono alla ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato per obiettivi ed interventi di settore, nonchè, in forma sussidiaria, a cofinanziare interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali di trasferimento agli enti locali delle materie individuate dal citato articolo 132.
    4. Le spese da sostenere da parte dei comuni e delle regioni sono a carico, sulla base dei piani di cui agli articoli 18 e 19, delle risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonchè degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.
    5. Ai sensi dell’articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, competono allo Stato la definizione e la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali, la spesa per pensioni, assegni e indennità considerati a carico del comparto assistenziale quali le indennità spettanti agli invalidi civili, l’assegno sociale di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 59, comma 47, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nonchè eventuali progetti di settore individuati ai sensi del Piano nazionale di cui all’articolo 18 della presente legge.

Art. 5.
(Ruolo del terzo settore). 
    1. Per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito ed ai fondi dell’Unione europea.
>tj;2>    2. Ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 11, promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonchè il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale.
    3. Le regioni, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, e sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità previste dall’articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona.
    4. Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei principi della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste al comma 3, le modalità per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi.

Capo II
ASSETTO ISTITUZIONALE E ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI
Art. 6.
(Funzioni dei comuni)
1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 265.
2. Ai comuni, oltre ai compiti già trasferiti a norma del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed alle funzioni attribuite ai sensi dell’articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19 e secondo la disciplina adottata dalle regioni, l’esercizio delle seguenti attività:
a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da quelle disciplinate dall’articolo 22, e dei titoli di cui all’articolo 17, nonché delle attività assistenziali già di competenza delle province, con le modalità stabilite dalla legge regionale di cui all’articolo 8, comma 5;
c) autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, secondo quanto stabilito ai sensi degli articoli 8, comma 3, lettera f), e 9, comma 1, lettera c);
d) partecipazione al procedimento per l’individuazione degli ambiti territoriali, di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a);
e) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 3, ai fini della determinazione dell’accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.
3. Nell’esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i comuni provvedono a:
a) promuovere, nell’ambito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse delle collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell’ambito della vita comunitaria;
b) coordinare programmi e attività degli enti che operano nell’ambito di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione, tramite collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte all’integrazione sociale ed intese con le aziende unità sanitarie locali per le attività socio-sanitarie e per i piani di zona;
c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l’efficienza, l’efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione di cui al comma 2, lettera a);
d) effettuare forme di consultazione dei soggetti di cui all’articolo 1, commi 5 e 6, per valutare la qualità e l’efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali.
4. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica.
Art. 7.
(Funzioni delle province)
1. Le province concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali per i compiti previsti dall’articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché dall’articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, secondo le modalità definite dalle regioni che disciplinano il ruolo delle province in ordine:
a) alla raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili dai comuni e da altri soggetti istituzionali presenti in ambito provinciale per concorrere all’attuazione del sistema informativo dei servizi sociali;
b) all’analisi dell’offerta assistenziale per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in ambito provinciale fornendo, su richiesta dei comuni e degli enti locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;
c) alla promozione, d’intesa con i comuni, di iniziative di formazione, con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all’aggiornamento;
d) alla partecipazione alla definizione e all’attuazione dei piani di zona.
Art. 8.
(Funzioni delle regioni)
1. Le regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale e disciplinano l’integrazione degli interventi stessi, con particolare riferimento all’attività sanitaria e socio-sanitaria ad elevata integrazione sanitaria di cui all’articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419.
2. Allo scopo di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle comunità locali, le regioni programmano gli interventi sociali secondo le indicazioni di cui all’articolo 3, commi 2 e 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, promuovendo, nell’ambito delle rispettive competenze, modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali, adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, anche permanenti, per dare luogo a forme di cooperazione. Le regioni provvedono altresì alla consultazione dei soggetti di cui agli articoli 1, commi 5 e 6, e 10 della presente legge.
3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta in particolare l’esercizio delle seguenti funzioni:
a) determinazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tramite le forme di concertazione con gli enti locali interessati, degli ambiti territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni prevedono incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla presente legge;
b) definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni;
c) promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per la istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali;
d) promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo;
e) promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste;
f) definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5;
g) istituzione, secondo le modalità definite con legge regionale, sulla base di indicatori oggettivi di qualità, di registri dei soggetti autorizzati all’esercizio delle attività disciplinate dalla presente legge;
h) definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per la erogazione delle prestazioni;
i) definizione dei criteri per la concessione dei titoli di cui all’articolo 17 da parte dei comuni, secondo i criteri generali adottati in sede nazionale;
l) definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera g);
m) predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l’aggiornamento del personale addetto alle attività sociali;
n) determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati;
o) esercizio dei poteri sostitutivi, secondo le modalità indicate dalla legge regionale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto a quanto stabilito dagli articoli 6, comma 2, lettere a), b) e c), e 19.
4. Fermi restando i principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le regioni disciplinano le procedure amministrative, le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali e l’eventuale istituzione di uffici di tutela degli utenti stessi che assicurino adeguate forme di indipendenza nei confronti degli enti erogatori.
5. La legge regionale di cui all’articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, disciplina il trasferimento ai comuni o agli enti locali delle funzioni indicate dal regio decreto - legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dal decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67. Con la medesima legge, le regioni disciplinano, con le modalità stabilite dall’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 112 del 1998, il trasferimento ai comuni e agli enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali per assicurare la copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni sociali trasferite utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge per l’esercizio delle funzioni stesse.
Art. 9.
(Funzioni dello Stato)
1. Allo Stato spetta l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché dei poteri di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali per i seguenti aspetti:
a) determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali di cui all’articolo 18;
b) individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, comprese le funzioni in materia assistenziale, svolte per minori ed adulti dal Ministero della giustizia, all’interno del settore penale;
c) fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale; previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni;
d) determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali, nonché dei requisiti di accesso e di durata dei percorsi formativi;
e) esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza delle regioni, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
f) ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali secondo i criteri stabiliti dall’articolo 20, comma 7.
2. Le competenze statali di cui al comma 1, lettere b) e c), del presente articolo sono esercitate sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; le restanti competenze sono esercitate secondo i criteri stabiliti dall’articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 10.
(Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante una nuova disciplina delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui alla legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) definire l’inserimento delle IPAB che operano in campo socio-assistenziale nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui all’articolo 22, prevedendo anche modalità per la partecipazione alla programmazione, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, lettera b);
b) prevedere, nell’ambito del riordino della disciplina, la trasformazione della forma giuridica delle IPAB al fine di garantire l’obiettivo di un’efficace ed efficiente gestione, assicurando autonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica compatibile con il mantenimento della personalità giuridica pubblica;
c) prevedere l’applicazione ai soggetti di cui alla lettera b):
1) di un regime giuridico del personale di tipo privatistico e di forme contrattuali coerenti con la loro autonomia;
2) di forme di controllo relative all’approvazione degli statuti, dei bilanci annuali e pluriennali, delle spese di gestione del patrimonio in materia di investimenti, delle alienazioni, cessioni e permute, nonché di forme di verifica dei risultati di gestione, coerenti con la loro autonomia;

d) prevedere la possibilità della trasformazione delle IPAB in associazioni o in fondazioni di diritto privato fermo restando il rispetto dei vincoli posti dalle tavole di fondazione e dagli statuti, tenuto conto della normativa vigente che regolamenta la trasformazione dei fini e la privatizzazione delle IPAB, nei casi di particolari condizioni statutarie e patrimoniali;

e) prevedere che le IPAB che svolgono esclusivamente attività di amministrazione del proprio patrimonio adeguino gli statuti, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, nel rispetto delle tavole di fondazione, a principi di efficienza, efficacia e trasparenza ai fini del potenziamento dei servizi; prevedere che negli statuti siano inseriti appositi strumenti di verifica della attività di amministrazione dei patrimoni;

f) prevedere linee di indirizzo e criteri che incentivino l’accorpamento e la fusione delle IPAB ai fini della loro riorganizzazione secondo gli indirizzi di cui alle lettere b) e c);

g) prevedere la possibilità di separare la gestione dei servizi da quella dei patrimoni garantendo comunque la finalizzazione degli stessi allo sviluppo e al potenziamento del sistema integrato di interventi e servizi sociali;

h) prevedere la possibilità di scioglimento delle IPAB nei casi in cui, a seguito di verifica da parte delle regioni o degli enti locali, risultino essere inattive nel campo sociale da almeno due anni ovvero risultino esaurite le finalità previste nelle tavole di fondazione o negli statuti; salvaguardare, nel caso di scioglimento delle IPAB, l’effettiva destinazione dei patrimoni alle stesse appartenenti, nel rispetto degli interessi originari e delle tavole di fondazione o, in mancanza di disposizioni specifiche nelle stesse, a favore, prioritariamente, di altre IPAB del territorio o dei comuni territorialmente competenti, allo scopo di promuovere e potenziare il sistema integrato di interventi e servizi sociali;
i) esclusione di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 sono acquisiti i pareri della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e delle rappresentanze delle IPAB. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3. Le regioni adeguano la propria disciplina ai principi del decreto legislativo di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
Art. 11.
(Autorizzazione e accreditamento)
1. I servizi e le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, sono autorizzati dai comuni. L’autorizzazione è rilasciata in conformità ai requisiti stabiliti dalla legge regionale, che recepisce e integra, in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi nazionali determinati ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera c), con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
2. I requisiti minimi nazionali trovano immediata applicazione per servizi e strutture di nuova istituzione; per i servizi e le strutture operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni provvedono a concedere autorizzazioni provvisorie, prevedendo l’adeguamento ai requisiti regionali e nazionali nel termine stabilito da ciascuna regione e in ogni caso non oltre il termine di cinque anni.
3. I comuni provvedono all’accreditamento, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera c), e corrispondono ai soggetti accreditati tariffe per le prestazioni erogate nell’ambito della programmazione regionale e locale sulla base delle determinazioni di cui all’articolo 8, comma 3, lettera n).
4. Le regioni, nell’ambito degli indirizzi definiti dal Piano nazionale ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera e), disciplinano le modalità per il rilascio da parte dei comuni ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, delle autorizzazioni alla erogazione di servizi sperimentali e innovativi, per un periodo massimo di tre anni, in deroga ai requisiti di cui al comma 1. Le regioni, con il medesimo provvedimento di cui al comma 1, definiscono gli strumenti per la verifica dei risultati.
Art. 12.
(Figure professionali sociali)
1. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, sulla base dei criteri e dei parametri individuati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell’articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono definiti i profili professionali delle figure professionali sociali.
2. Con regolamento del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare di concerto con i Ministri della sanità e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti:
a) le figure professionali di cui al comma 1 da formare con i corsi di laurea di cui all’articolo 6 del regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
b) le figure professionali di cui al comma 1 da formare in corsi di formazione organizzati dalle regioni, nonché i criteri generali riguardanti i requisiti per l’accesso, la durata e l’ordinamento didattico dei medesimi corsi di formazione;
c) i criteri per il riconoscimento e la equiparazione dei profili professionali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 2, lettera a), sono definiti dall’università ai sensi dell’articolo 11 del citato regolamento adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.
4. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, relative ai profili professionali dell’area socio-sanitaria ad elevata integrazione socio-sanitaria.
5. Ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con decreto dei Ministri per la solidarietà sociale, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate, per le figure professionali sociali, le modalità di accesso alla dirigenza, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. Le risorse economiche per finanziare le iniziative di cui al comma 2 sono reperite dalle amministrazioni responsabili delle attività formative negli stanziamenti previsti per i programmi di formazione, avvalendosi anche del concorso del Fondo sociale europeo e senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato.
Art. 13.
(Carta dei servizi sociali)
1. Al fine di tutelare le posizioni soggettive degli utenti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d’intesa con i Ministri interessati, è adottato lo schema generale di riferimento della carta dei servizi sociali. Entro sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ciascun ente erogatore di servizi adotta una carta dei servizi sociali ed è tenuto a darne adeguata pubblicità agli utenti.
2. Nella carta dei servizi sociali sono definiti i criteri per l’accesso ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni per facilitarne le valutazioni da parte degli utenti e dei soggetti che rappresentano i loro diritti, nonché le procedure per assicurare la tutela degli utenti. Al fine di tutelare le posizioni soggettive e di rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, la carta dei servizi sociali, ferma restando la tutela per via giurisdizionale, prevede per gli utenti la possibilità di attivare ricorsi nei confronti dei responsabili preposti alla gestione dei servizi.
3. L’adozione della carta dei servizi sociali da parte degli erogatori delle prestazioni e dei servizi sociali costituisce requisito necessario ai fini dell’accreditamento.
Capo III
DISPOSIZIONI PER LA REALIZZAZIONE DI PARTICOLARI INTERVENTI DI INTEGRAZIONE E SOSTEGNO SOCIALE
Art. 14.
(Progetti individuali per le persone disabili)
1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma 2.
2. Nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite, nel rispetto dei principi di tutela della riservatezza previsti dalla normativa vigente, le modalità per indicare nella tessera sanitaria, su richiesta dell’interessato, i dati relativi alle condizioni di non autosufficienza o di dipendenza per facilitare la persona disabile nell’accesso ai servizi ed alle prestazioni sociali.
Art. 15.
(Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti)
1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, per le patologie acute e croniche, particolarmente per i soggetti non autosufficienti, nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri della sanità e per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina annualmente la quota da riservare ai servizi a favore delle persone anziane non autosufficienti, per favorirne l’autonomia e sostenere il nucleo familiare nell’assistenza domiciliare alle persone anziane che ne fanno richiesta.
2. Il Ministro per la solidarietà sociale, con il medesimo decreto di cui al comma 1, stabilisce annualmente le modalità di ripartizione dei finanziamenti in base a criteri ponderati per quantità di popolazione, classi di età e incidenza degli anziani, valutando altresì la posizione delle regioni e delle province autonome in rapporto ad indicatori nazionali di non autosufficienza e di reddito. In sede di prima applicazione della presente legge, il decreto di cui al comma 1 è emanato entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore.
3. Una quota dei finanziamenti di cui al comma 1 è riservata ad investimenti e progetti integrati tra assistenza e sanità, realizzati in rete con azioni e programmi coordinati tra soggetti pubblici e privati, volti a sostenere e a favorire l’autonomia delle persone anziane e la loro permanenza nell’ambiente familiare secondo gli indirizzi indicati dalla presente legge. In sede di prima applicazione della presente legge le risorse individuate ai sensi del comma 1 sono finalizzate al potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata.
4. Entro il 30 giugno di ogni anno le regioni destinatarie dei finanziamenti di cui al comma 1 trasmettono una relazione al Ministro per la solidarietà sociale e al Ministro della sanità in cui espongono lo stato di attuazione degli interventi e gli obiettivi conseguiti nelle attività svolte ai sensi del presente articolo, formulando anche eventuali proposte per interventi innovativi. Qualora una o più regioni non provvedano all’impegno contabile delle quote di competenza entro i tempi indicati nel riparto di cui al comma 2, il Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede alla rideterminazione e riassegnazione dei finanziamenti alle regioni.
Art. 16.
(Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari)
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana; sostiene la cooperazione, il mutuo aiuto e l’associazionismo delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l’efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell’ambito dell’organizzazione dei servizi.
2. I livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili nel territorio nazionale, di cui all’articolo 22, e i progetti obiettivo, di cui all’articolo 18, comma 3, lettera b), tengono conto dell’esigenza di favorire le relazioni, la corresponsabilità e la solidarietà fra generazioni, di sostenere le responsabilità genitoriali, di promuovere le pari opportunità e la condivisione di responsabilità tra donne e uomini, di riconoscere l’autonomia di ciascun componente della famiglia.
3. Nell’ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali hanno priorità:
a) l’erogazione di assegni di cura e altri interventi a sostegno della maternità e della paternità responsabile, ulteriori rispetto agli assegni e agli interventi di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e alla legge 28 agosto 1997, n. 285, da realizzare in collaborazione con i servizi sanitari e con i servizi socio - educativi della prima infanzia;
b) politiche di conciliazione tra il tempo di lavoro e il tempo di cura, promosse anche dagli enti locali ai sensi della legislazione vigente;
c) servizi formativi ed informativi di sostegno alla genitorialità, anche attraverso la promozione del mutuo aiuto tra le famiglie;
d) prestazioni di aiuto e sostegno domiciliare, anche con benefici di carattere economico, in particolare per le famiglie che assumono compiti di accoglienza, di cura di disabili fisici, psichici e sensoriali e di altre persone in difficoltà, di minori in affidamento, di anziani;
e) servizi di sollievo, per affiancare nella responsabilità del lavoro di cura la famiglia, ed in particolare i componenti più impegnati nell’accudimento quotidiano delle persone bisognose di cure particolari ovvero per sostituirli nelle stesse responsabilità di cura durante l’orario di lavoro;
f) servizi per l’affido familiare, per sostenere, con qualificati interventi e percorsi formativi, i compiti educativi delle famiglie interessate.
4. Per sostenere le responsabilità individuali e familiari e agevolare l’autonomia finanziaria di nuclei monoparentali, di coppie giovani con figli, di gestanti in difficoltà, di famiglie che hanno a carico soggetti non autosufficienti con problemi di grave e temporanea difficoltà economica, di famiglie di recente immigrazione che presentino gravi difficoltà di inserimento sociale, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, i comuni, in alternativa a contributi assistenziali in denaro, possono concedere prestiti sull’onore, consistenti in finanziamenti a tasso zero secondo piani di restituzione concordati con il destinatario del prestito. L’onere dell’interesse sui prestiti è a carico del comune; all’interno del Fondo nazionale per le politiche sociali è riservata una quota per il concorso alla spesa destinata a promuovere il prestito sull’onore in sede locale.
5. I comuni possono prevedere agevolazioni fiscali e tariffarie rivolte alle famiglie con specifiche responsabilità di cura. I comuni possono, altresì, deliberare ulteriori riduzioni dell’aliquota dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) per la prima casa, nonché tariffe ridotte per l’accesso a più servizi educativi e sociali.
6. Con la legge finanziaria per il 2001 sono determinate misure fiscali di agevolazione per le spese sostenute per la tutela e la cura dei componenti del nucleo familiare non autosufficienti o disabili. Ulteriori risorse possono essere attribuite per la realizzazione di tali finalità in presenza di modifiche normative comportanti corrispondenti riduzioni nette permanenti del livello della spesa di carattere corrente.
Art. 17.
(Titoli per l’acquisto di servizi sociali)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, i comuni possono prevedere la concessione, su richiesta dell’interessato, di titoli validi per l’acquisto di servizi sociali dai soggetti accreditati del sistema integrato di interventi e servizi sociali ovvero come sostitutivi delle prestazioni economiche diverse da quelle correlate al minimo vitale previste dall’articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge, nonché dalle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e dagli assegni erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Le regioni, in attuazione di quanto stabilito ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera i), disciplinano i criteri e le modalità per la concessione dei titoli di cui al comma 1 nell’ambito di un percorso assistenziale attivo per la integrazione o la reintegrazione sociale dei soggetti beneficiari, sulla base degli indirizzi del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali.
Capo IV
STRUMENTI PER FAVORIRE IL RIORDINO DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI
Art. 18.
(Piano nazionale e piani regionali degli interventi e dei servizi sociali)
1. Il Governo predispone ogni tre anni il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, di seguito denominato "Piano nazionale", tenendo conto delle risorse finanziarie individuate ai sensi dell’articolo 4 nonché delle risorse ordinarie già destinate alla spesa sociale dagli enti locali.
2. Il Piano nazionale è adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati. Sullo schema di piano sono acquisiti l’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché i pareri degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476, e successive modificazioni, maggiormente rappresentativi, delle associazioni di rilievo nazionale che operano nel settore dei servizi sociali, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni di tutela degli utenti. Lo schema di piano è successivamente trasmesso alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3. Il Piano nazionale indica:
a) le caratteristiche ed i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali previsti dall’articolo 22;
b) le priorità di intervento attraverso l’individuazione di progetti obiettivo e di azioni programmate, con particolare riferimento alla realizzazione di percorsi attivi nei confronti delle persone in condizione di povertà o di difficoltà psico-fisica;
c) le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e le azioni da integrare e coordinare con le politiche sanitarie, dell’istruzione, della formazione e del lavoro;
d) gli indirizzi per la diffusione dei servizi di informazione al cittadino e alle famiglie;
e) gli indirizzi per le sperimentazioni innovative, comprese quelle indicate dall’articolo 3, comma 4, e per le azioni di promozione della concertazione delle risorse umane, economiche, finanziarie, pubbliche e private, per la costruzione di reti integrate di interventi e servizi sociali;
f) gli indicatori ed i parametri per la verifica dei livelli di integrazione sociale effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti nonché gli indicatori per la verifica del rapporto costi - benefici degli interventi e dei servizi sociali;
g) i criteri generali per la disciplina del concorso al costo dei servizi sociali da parte degli utenti, tenuto conto dei principi stabiliti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
h) i criteri generali per la determinazione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 3;
i) gli indirizzi ed i criteri generali per la concessione dei prestiti sull’onore di cui all’articolo 16, comma 4, e dei titoli di cui all’articolo 17;
l) gli indirizzi per la predisposizione di interventi e servizi sociali per le persone anziane non autosufficienti e per i soggetti disabili, in base a quanto previsto dall’articolo 14;
m) gli indirizzi relativi alla formazione di base e all’aggiornamento del personale;
n) i finanziamenti relativi a ciascun anno di vigenza del Piano nazionale in coerenza con i livelli essenziali previsti dall’articolo 22, secondo parametri basati sulla struttura demografica, sui livelli di reddito e sulle condizioni occupazionali della popolazione;
o) gli indirizzi per la predisposizione di programmi integrati per obiettivi di tutela e qualità della vita rivolti ai minori, ai giovani e agli anziani, per il sostegno alle responsabilità familiari, anche in riferimento all’obbligo scolastico, per l’inserimento sociale delle persone con disabilità e limitazione dell’autonomia fisica e psichica, per l’integrazione degli immigrati, nonché per la prevenzione, il recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti e degli alcoldipendenti.
4. Il primo Piano nazionale è adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Il Ministro per la solidarietà sociale predispone annualmente una relazione al Parlamento sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano nazionale, con particolare riferimento ai costi e all’efficacia degli interventi, e fornisce indicazioni per l’ulteriore programmazione. La relazione indica i risultati conseguiti nelle regioni in attuazione dei piani regionali. La relazione dà conto altresì dei risultati conseguiti nei servizi sociali con l’utilizzo dei finanziamenti dei fondi europei, tenuto conto dei dati e delle valutazioni forniti dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
6. Le regioni, nell’esercizio delle funzioni conferite dagli articoli 131 e 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale di cui al comma 3 del presente articolo, entro centoventi giorni dall’adozione del Piano stesso adottano nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, attraverso forme di intesa con i comuni interessati ai sensi dell’articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, provvedendo in particolare all’integrazione socio-sanitaria in coerenza con gli obiettivi del piano sanitario regionale, nonché al coordinamento con le politiche dell’istruzione, della formazione professionale e del lavoro.
Art. 19.
(Piano di zona)
1. I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua:
a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;
b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera h);
c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo di cui all’articolo 21;
d) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni;
e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia;
f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;
g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a:
a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);
c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;
d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
3. All’accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, e all’articolo 10, che attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.
Art. 20.
(Fondo nazionale per le politiche sociali)
1. Per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale, lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali.
2. Per le finalità della presente legge il Fondo di cui al comma 1 è incrementato di lire 106.700 milioni per l’anno 2000, di lire 761.500 milioni per l’anno 2001 e di lire 922.500 milioni a decorrere dall’anno 2002. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo utilizzando quanto a lire 56.700 milioni per l’anno 2000, a lire 591.500 milioni per l’anno 2001 e a lire 752.500 milioni per l’anno 2002, l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 50.000 milioni per l’anno 2000 e a lire 149.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, le proiezioni dell’accantonamento relativo al Ministero dell’interno; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, le proiezioni dell’accantonamento relativo al Ministero del commercio con l’estero.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. La definizione dei livelli essenziali di cui all’articolo 22 è effettuata contestualmente a quella delle risorse da assegnare al Fondo nazionale per le politiche sociali tenuto conto delle risorse ordinarie destinate alla spesa sociale dalle regioni e dagli enti locali, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica dal Documento di programmazione economico-finanziaria.
5. Con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo provvede a disciplinare modalità e procedure uniformi per la ripartizione delle risorse finanziarie confluite nel Fondo di cui al comma 1 ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) razionalizzare e armonizzare le procedure medesime ed evitare sovrapposizioni e diseconomie nell’allocazione delle risorse;
b) prevedere quote percentuali di risorse aggiuntive a favore dei comuni associati ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera a);
c) garantire che gli stanziamenti a favore delle regioni e degli enti locali costituiscano quote di cofinanziamento dei programmi e dei relativi interventi e prevedere modalità di accertamento delle spese al fine di realizzare un sistema di progressiva perequazione della spesa in ambito nazionale per il perseguimento degli obiettivi del Piano nazionale;
d) prevedere forme di monitoraggio, verifica e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati degli interventi, nonché modalità per la revoca dei finanziamenti in caso di mancato impegno da parte degli enti destinatari entro periodi determinati;
e) individuare le norme di legge abrogate dalla data di entrata in vigore del regolamento.
6. Lo schema di regolamento di cui al comma 5, previa deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è trasmesso successivamente alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale termine, il regolamento può essere emanato.
7. Il Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede, con proprio decreto, annualmente alla ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto della quota riservata di cui all’articolo 15, sulla base delle linee contenute nel Piano nazionale e dei parametri di cui all’articolo 18, comma 3, lettera n). In sede di prima applicazione della presente legge, entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, il Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati, d’intesa con la Conferenza unificata di cui al citato articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, adotta il decreto di cui al presente comma sulla base dei parametri di cui all’articolo 18, comma 3, lettera n). La ripartizione garantisce le risorse necessarie per l’adempimento delle prestazioni di cui all’articolo 24.
8. A decorrere dall’anno 2002 lo stanziamento complessivo del Fondo nazionale per le politiche sociali è determinato dalla legge finanziaria con le modalità di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, assicurando comunque la copertura delle prestazioni di cui all’articolo 24 della presente legge.
9. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’articolo 24, confluiscono con specifica finalizzazione nel Fondo nazionale per le politiche sociali anche le risorse finanziarie destinate al finanziamento delle prestazioni individuate dal medesimo decreto legislativo.
10. Al Fondo nazionale per le politiche sociali affluiscono, altresì, somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, fondazioni, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell’Unione europea, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al citato Fondo nazionale.
11. Qualora le regioni ed i comuni non provvedano all’impegno contabile della quota non specificamente finalizzata ai sensi del comma 9 delle risorse ricevute nei tempi indicati dal decreto di riparto di cui al comma 7, il Ministro per la solidarietà sociale, con le modalità di cui al medesimo comma 7, provvede alla rideterminazione e alla riassegnazione delle risorse, fermo restando l’obbligo di mantenere invariata nel triennio la quota complessiva dei trasferimenti a ciascun comune o a ciascuna regione.
Art. 21.
(Sistema informativo dei servizi sociali)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l’attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell’occupazione.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è nominata, con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, una commissione tecnica, composta da sei esperti di comprovata esperienza nel settore sociale ed in campo informativo, di cui due designati dal Ministro stesso, due dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, due dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. La commissione ha il compito di formulare proposte in ordine ai contenuti, al modello ed agli strumenti attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi del sistema informativo dei servizi sociali. La commissione è presieduta da uno degli esperti designati dal Ministro per la solidarietà sociale. I componenti della commissione durano in carica due anni. Gli oneri derivanti dall’applicazione del presente comma, nel limite massimo di lire 250 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, definisce le modalità e individua, anche nell’ambito dei sistemi informativi esistenti, gli strumenti necessari per il coordinamento tecnico con le regioni e gli enti locali ai fini dell’attuazione del sistema informativo dei servizi sociali, in conformità con le specifiche tecniche della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 15, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 6 del citato decreto legislativo n. 281 del 1997, in materia di scambio di dati ed informazioni tra le amministrazioni centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni, le province e i comuni individuano le forme organizzative e gli strumenti necessari ed appropriati per l’attivazione e la gestione del sistema informativo dei servizi sociali a livello locale.
4. Gli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali. Nell’ambito dei piani di cui agli articoli 18 e 19, sono definite le risorse destinate alla realizzazione del sistema informativo dei servizi sociali, entro i limiti di spesa stabiliti in tali piani.
Capo V
INTERVENTI, SERVIZI ED EMOLUMENTI ECONOMICI DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 22.
(Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.
2. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale:
a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;
b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;
c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai sensi dell’articolo 16, per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;
e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;
f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell’articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all’articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;
g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l’accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio;
h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale;
i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.
3. Gli interventi del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui al comma 2, lettera c), sono realizzati, in particolare, secondo le finalità delle leggi 4 maggio 1983, n. 184, 27 maggio 1991, n. 176, 15 febbraio 1996, n. 66, 28 agosto 1997, n. 285, 23 dicembre 1997, n. 451, 3 agosto 1998, n. 296, 31 dicembre 1998, n. 476, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, approvate con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, nonché della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per i minori disabili. Ai fini di cui all’articolo 11 e per favorire la deistituzionalizzazione, i servizi e le strutture a ciclo residenziale destinati all’accoglienza dei minori devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare.
4. In relazione a quanto indicato al comma 2, le leggi regionali, secondo i modelli organizzativi adottati, prevedono per ogni ambito territoriale di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque l’erogazione delle seguenti prestazioni:
a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari;
b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari;
c) assistenza domiciliare;
d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;
e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.
Sezione II
Misure di contrasto alla povertà e riordino degli emolumenti economici assistenziali
Art. 23.
(Reddito minimo di inserimento)
1. L’articolo 15 del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, è sostituito dal seguente:
"Art. 15. – (Estensione del reddito minimo di inserimento). – 1. Il Governo, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, riferisce al Parlamento, entro il 30 maggio 2001, sull’attuazione della sperimentazione e sui risultati conseguiti. Con successivo provvedimento legislativo, tenuto conto dei risultati della sperimentazione, sono definiti le modalità, i termini e le risorse per l’estensione dell’istituto del reddito minimo di inserimento come misura generale di contrasto della povertà, alla quale ricondurre anche gli altri interventi di sostegno del reddito, quali gli assegni di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e le pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni".
2. Il reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, è definito quale misura di contrasto della povertà e di sostegno al reddito nell’ambito di quelle indicate all’articolo 22, comma 2, lettera a), della presente legge.
Art. 24.
(Delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto del principio della separazione tra spesa assistenziale e spesa previdenziale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un decreto legislativo recante norme per il riordino degli assegni e delle indennità spettanti ai sensi delle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, e 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) riclassificazione delle indennità e degli assegni, e dei relativi importi, che non determini una riduzione degli attuali trattamenti e, nel complesso, oneri aggiuntivi rispetto a quelli determinati dall’andamento tendenziale degli attuali trattamenti previsti dalle disposizioni richiamate dal presente comma. La riclassificazione tiene inoltre conto delle funzioni a cui gli emolumenti assolvono, come misure di contrasto alla povertà o come incentivi per la rimozione delle limitazioni personali, familiari e sociali dei portatori di handicap, per la valorizzazione delle capacità funzionali del disabile e della sua potenziale autonomia psico-fisica, prevedendo le seguenti forme di sostegno economico:
1) reddito minimo per la disabilità totale a cui fare afferire pensioni e assegni che hanno la funzione di integrare, a seguito della minorazione, la mancata produzione di reddito. Il reddito minimo, nel caso di grave disabilità, è cumulabile con l’indennità di cui al numero 3.1) della presente lettera;
2) reddito minimo per la disabilità parziale, a cui fare afferire indennità e assegni concessi alle persone con diversi gradi di minorazione fisica e psichica per favorire percorsi formativi, l’accesso ai contratti di formazione e lavoro di cui al decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, e successive modificazioni, alla legge 29 dicembre 1990, n. 407, e al decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, ed a borse di lavoro di cui al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, da utilizzare anche temporaneamente nella fase di avvio al lavoro e da revocare al momento dell’inserimento definitivo;
3) indennità per favorire la vita autonoma e la comunicazione, commisurata alla gravità, nonché per consentire assistenza e sorveglianza continue a soggetti con gravi limitazioni dell’autonomia. A tale indennità afferiscono gli emolumenti concessi, alla data di entrata in vigore della presente legge, per gravi disabilità, totale non autosufficienza e non deambulazione, con lo scopo di rimuovere l’esclusione sociale, favorire la comunicazione e la permanenza delle persone con disabilità grave o totale non autosufficienza a domicilio, anche in presenza di spese personali aggiuntive. L’indennità può essere concessa secondo le seguenti modalità tra loro non cumulabili:
3.1) indennità per l’autonomia di disabili gravi o pluriminorati, concessa a titolo della minorazione;
3.2) indennità di cura e di assistenza per ultrasessantacinquenni totalmente dipendenti;
b) cumulabilità dell’indennità di cura e di assistenza di cui alla lettera a), numero 3.2), con il reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 23;
c) fissazione dei requisiti psico-fisici e reddituali individuali che danno luogo alla concessione degli emolumenti di cui ai numeri 1) e 2) della lettera a) del presente comma secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
d) corresponsione dei nuovi trattamenti per coloro che non sono titolari di pensioni e indennità dopo centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, prevedendo nello stesso la equiparazione tra gli emolumenti richiesti nella domanda presentata alle sedi competenti ed i nuovi trattamenti;
e) equiparazione e ricollocazione delle indennità già percepite e in atto nel termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo;
f) disciplina del regime transitorio, fatti salvi i diritti acquisiti per coloro che già fruiscono di assegni e indennità;
g) riconoscimento degli emolumenti anche ai disabili o agli anziani ospitati in strutture residenziali, in termini di pari opportunità con i soggetti non ricoverati, prevedendo l’utilizzo di parte degli emolumenti come partecipazione alla spesa per l’assistenza fornita, ferma restando la conservazione di una quota, pari al 50 per cento del reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 23, a diretto beneficio dell’assistito;
h) revisione e snellimento delle procedure relative all’accertamento dell’invalidità civile e alla concessione delle prestazioni spettanti, secondo il principio della unificazione delle competenze, anche prevedendo l’istituzione di uno sportello unico; revisione dei criteri e dei requisiti che danno titolo alle prestazioni di cui al presente articolo, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 157, nonché dalla Classificazione internazionale dei disturbi, disabilità ed handicap – International classification of impairments, disabilities and handicaps (ICIDH), adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità; definizione delle modalità per la verifica della sussistenza dei requisiti medesimi.
2. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 sono acquisiti l’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché i pareri degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476, e successive modificazioni, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni di tutela degli utenti. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
Art. 25.
(Accertamento della condizione economica del richiedente)
1. Ai fini dell’accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.
Art. 26.
(Utilizzo di fondi integrativi per prestazioni sociali)
1. L’ambito di applicazione dei fondi integrativi previsti dall’articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, comprende le spese sostenute dall’assistito per le prestazioni sociali erogate nell’ambito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali o semiresidenziali delle persone anziane e disabili.
Capo VI
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 27.
(Istituzione della Commissione di indagine sulla esclusione sociale)
1. È istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione di indagine sulla esclusione sociale, di seguito denominata "Commissione".
2. La Commissione ha il compito di effettuare, anche in collegamento con analoghe iniziative nell’ambito dell’Unione europea, le ricerche e le rilevazioni occorrenti per indagini sulla povertà e sull’emarginazione in Italia, di promuoverne la conoscenza nelle istituzioni e nell’opinione pubblica, di formulare proposte per rimuoverne le cause e le conseguenze, di promuovere valutazioni sull’effetto dei fenomeni di esclusione sociale. La Commissione predispone per il Governo rapporti e relazioni ed annualmente una relazione nella quale illustra le indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate.
3. Il Governo, entro il 30 giugno di ciascun anno, riferisce al Parlamento sull’andamento del fenomeno dell’esclusione sociale, sulla base della relazione della Commissione di cui al comma 2, secondo periodo.
4. La Commissione è composta da studiosi ed esperti con qualificata esperienza nel campo dell’analisi e della pratica sociale, nominati, per un periodo di tre anni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale. Le funzioni di segreteria della Commissione sono assicurate dal personale del Dipartimento per gli affari sociali o da personale di altre pubbliche amministrazioni, collocato in posizione di comando o di fuori ruolo nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Per l’adempimento dei propri compiti la Commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali. La Commissione può avvalersi altresì della collaborazione di esperti e può affidare la effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche o private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni.
5. Gli oneri derivanti dal funzionamento della Commissione, determinati nel limite massimo di lire 250
milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Art. 28.
(Interventi urgenti per le situazioni
di povertà estrema)

1. Allo scopo di garantire il potenziamento degli interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di povertà estrema e alle persone senza fissa dimora, il Fondo nazionale per le politiche sociali è incrementato di una somma pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli enti locali, le organizzazioni di volontariato e gli organismi non lucrativi di utilità sociale nonché le IPAB possono presentare alle regioni, secondo le modalità e i termini definiti ai sensi del comma 3, progetti concernenti la realizzazione di centri e di servizi di pronta accoglienza, interventi socio-sanitari, servizi per l’accompagnamento e il reinserimento sociale.
3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con atto di indirizzo e coordinamento deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti i criteri di riparto tra le regioni dei finanziamenti di cui al comma 1, i termini per la presentazione delle richieste di finanziamento dei progetti di cui al comma 2, i requisiti per l’accesso ai finanziamenti, i criteri generali di valutazione dei progetti, le modalità per il monitoraggio degli interventi realizzati, i comuni delle grandi aree urbane per i quali gli interventi di cui al presente articolo sono considerati prioritari.
4. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2001 e 2002 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Art. 29.
(Disposizioni sul personale)
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzata a bandire concorsi pubblici per il reclutamento di cento unità di personale dotate di professionalità ed esperienza in materia di politiche sociali, per lo svolgimento, in particolare, delle funzioni statali previste dalla presente legge, nonché in materia di adozioni internazionali, politiche di integrazione degli immigrati e tutela dei minori non accompagnati. Al predetto personale non si applica la disposizione di cui all’articolo 12, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le assunzioni avvengono in deroga ai termini ed alle modalità di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. All’onere derivante dall’attuazione del comma 1, pari a lire 2 miliardi per l’anno 2000 e a lire 7 miliardi annue a decorrere dall’anno 2001, si provvede a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali, come rifinanziato ai sensi dell’articolo 20 della presente legge.
Art. 30.
(Abrogazioni)
1. Alla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati l’articolo 72 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e il comma 45 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
2. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’articolo 10 è abrogata la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’articolo 24 sono abrogate le disposizioni sugli emolumenti economici previste dalle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, e 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni.



5 ( cinque)



Legge 11 agosto 1991, n. 266
"Legge-quadro sul volontariato"
(Pubblicata in G.U. 22 agosto 1991, n. 196)

1. Finalità e oggetto della legge. - 1. La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.
2. La presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti.
2. Attività di volontariato. - 1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
2. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.
3. Organizzazioni di volontariato. - 1. E' considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all'articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.
2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.
3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.
4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta.
5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.
4. Assicurazione degli aderenti ad organizzazioni di volontariato. - 1. Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche o collettive, e sono disciplinati i relativi controlli.
5. Risorse economiche. - 1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da:
a) contributi degli aderenti;
b) contributi di privati;
c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti;
d) contributi di organismi internazionali;
e) donazioni e lasciti testamentari;
f) rimborsi derivanti da convenzioni;
g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.
2. Le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscritte nei registri di cui all'articolo 6, possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento della propria attività. Possono inoltre, in deroga agli articoli 600 e 786 del codice civile, accettare donazioni e, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti e le loro rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità previste dagli accordi, dall'atto costitutivo e dallo statuto.
3. I beni di cui al comma 2 sono intestati alle organizzazioni. Ai fini della trascrizione dei relativi acquisti si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.
4. In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle organizzazioni di volontariato, ed indipendentemente dalla loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l'esaurimento della liquidazione sono devoluti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico o analogo settore, secondo le indicazioni contenute nello statuto o negli accordi degli aderenti, o, in mancanza, secondo le disposizioni del codice civile.
6. Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome. - 1. Le regioni e le province autonome disciplinano l'istituzione e la tenuta dei registri generali delle organizzazioni di volontariato.
2. L'iscrizione ai registri è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici nonché per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali, secondo le disposizioni di cui, rispettivamente, agli articoli 7 e 8.
3. Hanno diritto ad essere iscritte nei registri le organizzazioni di volontariato che abbiano i requisiti di cui all'articolo 3 e che alleghino alla richiesta copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti.
4. Le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione periodica dei registri, al fine di verificare il permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato da parte delle organizzazioni iscritte. Le regioni e le province autonome dispongono la cancellazione dal registro con provvedimento motivato.
5. Contro il provvedimento di diniego dell'iscrizione o contro il provvedimento di cancellazione è ammesso ricorso, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini.
6. Le regioni e le province autonome inviano ogni anno copia aggiornata dei registri all'Osservatorio nazionale per il volontariato, previsto dall'articolo 12.
7. Le organizzazioni iscritte nei registri sono tenute alla conservazione della documentazione relativa alle entrate di cui all'articolo 5, comma 1, con l'indicazione nominativa dei soggetti eroganti.
7. Convenzioni. - 1. Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'articolo 6 e che dimostrino attitudine e capacità operativa.
2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.
3. La copertura assicurativa di cui all'articolo 4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.
8. Agevolazioni fiscali. - 1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro.
2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.
3 . (1).
4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro per gli affari sociali (2).
(1) Aggiunge il comma 1-ter all'art. 17, della legge 29 dicembre 1990, n. 408 che, quindi recita:
"1-ter. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, e secondo i medesimi principi e criteri direttivi, saranno introdotte misure volte a favorire le erogazioni liberali in denaro a favore delle organizzazioni di volontariato costituite esclusivamante ai fini di solidarietà, purché le attività siano destinate a finalità di volontariato, riconosciute idonee in base alla normativa vigente in materia e che risultano iscritte senza interruzione da almeno due anni negli appositi registri. A tal fine, in deroga alla disposizione di cui alla lettera a) del comma 1, dovrà essere prevista la deducibilità delle predette erogazioni, ai sensi degli artt. 10, 65 e 110 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, per un ammontare non superiore a lire 2 milioni ovvero, ai fini del reddito di impresa, nella misura del 50 per cento della somma erogata entro il limite del 2 per cento degli utili dichiarati e fino ad un massimo di lire 100 milioni"
(2) Frase così modificata dall'art. 18, del Decreto Legge 29 aprile 1994, n. 260.
Si ricorda, inoltre, che con D.M. 25 maggio 1995, sono stati fissati i criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato.
9. Valutazione dell'imponibile. - 1. Alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, come sostituito dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1982, n. 954.
10. Norme regionali e delle province autonome. - 1. Le leggi regionali e provinciali devono salvaguardare l'autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato e favorirne lo sviluppo.
2. In particolare, disciplinano:
a) le modalità cui dovranno attenersi le organizzazioni per lo svolgimento delle prestazioni che formano oggetto dell'attività di volontariato, all'interno delle strutture pubbliche e di strutture convenzionate con le regioni e le province autonome;
b) le forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 alla programmazione degli interventi nei settori in cui esse operano;
c) i requisiti ed i criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni per la stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento;
d) gli organi e le forme di controllo, secondo quanto previsto dall'articolo 6;
e) le condizioni e le forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato;
f) la partecipazione dei volontari aderenti alle organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 ai corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti locali nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse.
11. Diritto all'informazione ed accesso ai documenti amministrativi. - 1. Alle organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri di cui all'articolo 6, si applicano le disposizioni di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle organizzazioni.
12. Osservatorio nazionale per il volontariato. - 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, presieduto dal Ministro per gli affari sociali o da un suo delegato e composto da dieci rappresentanti delle organizzazioni e delle federazioni di volontariato operanti in almeno sei regioni, da due esperti e da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'Osservatorio, che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dal Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha i seguenti compiti:
a) provvedere al censimento delle organizzazioni di volontariato ed alla diffusione della conoscenza delle attività da esse svolte;
b) promuovere ricerche e studi in Italia e all'estero;
c) fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato;
d) approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;
e) offrire sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori di competenza della presente legge;
f) pubblicare un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali;
g) sostenere, anche con la collaborazione delle regioni, iniziative di formazione ed aggiornamento per la prestazione dei servizi;
h) pubblicare un bollettino periodico di informazione e promuovere altre iniziative finalizzate alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;
i) promuovere, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli operatori interessati.
2. E' istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo per il volontariato, finalizzato a sostenere finanziariamente i progetti di cui alla lettera d) del comma 1.
13. Limiti di applicabilità. - 1. E' fatta salva la normativa vigente per le attività di volontariato non contemplate nella presente legge, con particolare riferimento alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, di protezione civile e a quelle connesse con il servizio civile sostitutivo di cui alla legge 15 dicembre 1972, n. 772.
14. Autorizzazione di spesa e copertura finanziaria. - 1. Per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, per la dotazione del Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 12 e per l'organizzazione della Conferenza nazionale del volontariato di cui al comma 1, lettera i), dello stesso articolo 12, è autorizzata una spesa di due miliardi di lire per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.
2. All'onere di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: "Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato".
3. Le minori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 8 sono valutate complessivamente in lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993. Al relativo onere si fa fronte mediante utilizzazione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: "Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato".
15. Fondi speciali presso le regioni. - 1. Gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento di cui alla lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.
2. Le casse di risparmio, fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui all'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 356 del 1990, devono destinare alle medesime finalità di cui al comma 1 del presente articolo una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficienza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25 aprile 1929, n. 967, e successive modificazioni.
3. Le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2, saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
16. Norme transitorie e finali. - 1. Fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni provvedono ad emanare o adeguare le norme per l'attuazione dei principi contenuti nella presente legge entro un anno dalla data della sua entrata in vigore.
17. Flessibilità nell'orario di lavoro. - 1. I lavoratori che facciano parte di organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6, per poter espletare attività di volontariato, hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale.
2 .(3).
(3) Aggiungeva un ultimo comma all'art. 3 della Legge 29 marzo 1983, n. 93 che tuttavia è stato abrogato dall'articolo 74 del Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
Si ricorda che il comma prevedeva particolari forme di flessibilità degli orari di lavoro o di turnazioni per i lavoratori impegnati all'interno di organizzazioni di volontariato.